mercoledì 23 novembre 2011

di aragoste, avocadi, spiagge, pellicani e altre amenità

Welcome to Antigua cari amici dei fornelli!
Mentre vi scrivo, nella baia di Half moon bay, i pellicani stanno pescando in gruppo. Il mare è delle mille sfumature del turchese e il rumore delle onde concilia la meditazione e il riposo. Se state già con la bava alla bocca maledicendo me e il vostro lavoro seduti in ufficio alla scrivania, vi consiglio di interrompere ora la lettura... Questo post nuoce gravemente alla stabilità emotiva!!!

Come da anni sostiene mio padre, per capire un popolo bisogna vedere che cosa mangia. E il modo migliore per comprendere le abitudini alimentari e la cultura locale (ma anche l'economia nazionale...!) è andare a farsi un giro al mercato. Così scopriamo frutti sconosciuti, verdure tubolari misteriose, facce e sguardi, sorrisi e voci. Il banco della frutta è una grande festa del gusto, dove possiamo dare libero sfogo alle nostre voglie esotiche di papaya o di mango, di avocado, guava e passion fruit, di sugarapple o di breadfruit. E poi ci sono le aragoste. Che qui crescono e prolificano come se fossero polli domestici. Basta considerare che un'aragosta appena pescata costa circa otto euro... Certo, non sono saporite come quelle del Mediterraneo (che per questioni di alta concentrazione salina rende ogni creatura marina più saporita) ma ci si avvicinano molto e se poi le mangiate in riva al mare, il piacere della carne soda si mischia alla bellezza del paesaggio regalandovi momenti di grande felicità.

Terra di sole e di mare, di papaye e di aragoste quest'isola è un gioellino della natura non solo per il candore delle sue spiagge di finissima sabbia bianca. Una volta presa confidenza con la temibile guida all'inglese, infatti, non c'è niente di meglio che lasciarsi coccolare dai sapori e dai profumi delle specialità locali, un connubbio di frutti e pesci dal nome esotico e dai colori sgargianti.
Purtroppo, la vostra sbadata cuoca ha dimenticato il cavo per scaricare le foto sul computer e quindi per vedere le meraviglie caraibiche dovrete attendere il mio ritorno.

E ora scusatemi, ma la spiaggia chiama e Claudia risponde :-)

mercoledì 16 novembre 2011

Gatò di patate. Variazioni sul tema.

Ovvero Esercizi di Stile con le patate. Perchè del Gatò è davvero possibile provare almeno 99 varianti sfiziose, una specie di reinterpretazione in chiave gastronomica del famoso testo di Raymond Queneau, pubblicato nel 1947 in Francia. E così, la banalità dello sformato di patate si trasforma in una divertente ricerca degli ingredienti più originali da mixare con coraggio e spirito di avventura, una sfida buongustaia a cui certamente non potevo sottrarmi...! Come nel libro, anche qui il nucleo centrale del piatto resta invariato (sempre di patate lesse stiamo parlando), ma la diversità dei gusti e l'eterogeneità dei sapori che si possono sperimentare fanno sì che il risultato finale sia completamente diverso dal punto di partenza. La versatilità del Gatò, dunque, va sfruttata e allora, mi sono detta, perchè non contribuire alla causa con una mia personalissima variante?!? Detto fatto...
   
Alla foce del post, per chi vuole, la terza parte della Saga del Paper (Qui la prima e qui la seconda.....)

Ingredienti per 4 persone:

600g di patate
due cespi piccoli di radicchio Trevigiano o di Chioggia
una scamorza
parmigiano
2 dl circa di latte caldo
pangrattato
una noce di burro
noce moscata
sale e pepe q.b.

Mettete a bollire le patate in una pentola con acqua fredda. Coprite e fate cuocere per una quarantina di minuti. Nel frattempo, lavate e tagliate a striscioline il radicchio eliminando il torsolo alla base. Fate sciogliere la noce di burro in una padella e stufate il radicchio a fuoco medio per una decina di minuti, salandolo. Tritate (al mixer viene meglio) la scamorzina. Sbucciate le patate e schiacciatele con il passapatate in una ciotola. Bagnate con il latte caldo aggiungendolo poco alla volta e inframmezzandolo con il parmigiano. Non deve venire troppo liquido, quindi occhio alla quantità... Aggiungete la noce moscata, il sale, il pepe, il radicchio e la scamorza tritata (se proprio vi sentite porche e non vi interessa l'aspetto vegetariano del piatto, aggiungete anche dei tocchettini piccini picciò di prosciutto cotto).


Imburrate una teglia da forno non troppo grande e cospargetela con il pangrattato. Versate il composto e livellatelo in modo da ottenere una superficie uniforme. Spolverizzate con altro pangrattato mischiato con il parmigiano (o con del prezzemolo) e guarnite con fiocchettini di burro (o un filo d'olio e.v.o.).


Infornate a 180°C per una quarantina di minuti (o fino a che non si sarà formata una crosticina scura e croccante). Togliete dal forno e servite caldo.



Saul osservava il nido che un ragno casalingo aveva tessuto nell’unico angolino buio della sua mansarda. Era una tela lucente e brillante, intricata e ben fatta. Un dedalo a prova d’insetto degno di rappresentare la capacità architettonica di quel peloso aracnide, il quale certamente l’aveva costruita con impegno, spremendo e torcendo il ventre, filando con le zampette le gocce appiccicose di bava. Avvolse il manico di una scopa con uno strofinaccio e cancellò d’un colpo la bella ragnatela. A lui piaceva solo l’Uomo Ragno e quella bestiolina aveva usato la mensola dei modellini come puntello per il suo nido. Non era stata una grande idea. Da buon nerd quale era non poteva permettere che zone limitrofe alla sua collezione di eroi Marvel venisse insozzata dalle secrezioni di una bestiaccia zamputa. – Mors tua, Vita mea – mormorò, gettando i resti del povero ragnetto nel cestino della carta.

La suoneria del cellulare proruppe improvvisa dalla tasca del piumino adagiato sulla sedia.

-      S..S..S..Saul, s..s..s.sono Pa.pe..pe..pe..per . M..m..m...mi serve una ma..ma..mano. Ved..vediamoci al Pi..pi..pi..picco tra ququ.qu..quaranta minuti. –
-      Ah Bello che si dice..?!? Io sto in una fase riflessiva lavativa, magari ti chiamo dopo eh.. Ma che ti è successo alla voce..? Parli come il tizio che fa Mr Bean..! –
-       Ca..ca..ca..cazzo. Muovi quel cu..cu..cculo a stecco e porta le tue chia..chiappe lì. Ab..b..b.bbiamo un lavoretto last mi..mi..minute da fare. E tu mi..mi..mi devi ancora un..n fa..fffavore. – 
-         OkyDoky Paperbello, basta che non ti incazzi.. Sarò da te in un lampo. –

Qualche quarto di orologio più tardi, al Picco, Paper spiegò a Saul il motivo di quella telefonata urgente.

-      Quindi fammi capire… Noi dovremmo entrare in un edificio che non conosciamo, fare fuori un tizio che non sappiamo manco chi sia in modo che sembri un incidente e uscire freschi freschi come un bocciolo di rosa, senza farci notare da nessuno? –
-          E..E..Esatt.. to –
-          E tutto questo perché una gnoccolona e il suo amichetto ti hanno chiamato per nome.. –
-          S..s..sì, v..vedo che il c..c…cervello t..t.i fu..fufufu..funziona ancora. –
-   Eh sono un uomo dalle mille sorprese io… Mi pare sia tu ad avere un problemino con il s..s..s..sonoro…!
-          Vaffanculo Saul.-
-          Ah vedi, questa ti è uscita bene! Senti Paperbello ci stiamo andando a infilare in un grande grande ma grande bordello.  Tu lo sai, io sono con te sempre, sei praticamente il fratello che non ho mai avuto e che francamente manco volevo, però sento puzza di rogne, una gigantesca, rognosissima rogna…  Spero almeno tu abbia una qualche idea su come venirne fuori… –
-         Coco..co..come Bbb..bb..batman, n..no?.. T..tteatralità e ing.ganno. –

Nell’appartamento al 458 di Chesterfield Avenue, Jimmy T. Gamble giocherellava con un bicchiere di scotch comodamente seduto alla scrivania che fronteggiava la grande vetrata dello studio. Dagli schermi del suo computer, grafici colorati e frecce vettoriali puntavano tutti in direzione del cielo mentre gli indici di Borsa della sua giovane impresa si drizzavano a ritmo serrato, sferzati al rialzo nell’attesa della presentazione che il giorno dopo avrebbe tenuto alla Fiera Internazionale dell’Ortaggio. Un nuovo prodotto, un’idea rivoluzionaria che aveva lasciato senza parole quei capoccioni dell’ufficio marketing e che presto lo avrebbe lanciato nel gotha dell’imprenditoria agricola, alla facciaccia dei suoi principali concorrenti. Un’invenzione unica nel suo genere, destinata a farlo diventare così tanto ricco da mettergli i brividi per il piacere. L’insalata del desiderio, la lattuga delle meraviglie, la foglia giusta per il palato giusto. In pratica, una gallina dalle uova d’oro che avrebbe becchettato quote di mercato sempre maggiori nelle aie delle multinazionali alimentari.
Attraverso una complicata operazione di ingegneria genetica e applicazioni nanotecnologiche d’avanguardia, Jimmy era riuscito a brevettare un sistema di modificazione degli impulsi nervosi adattivo, una specie di piccolo virus biotecnologico in grado di introdursi nella corteccia cerebrale del soggetto attraverso il contatto con le mucose presenti sulle papille gustative e di modificare il gusto del radicchio fin dal primo morso, rendendolo più o meno sapido, dolce, amaro, fragrante, in funzione del tipo di saliva e del gusto personale. 

Uno slogan accattivante, qualche partita di golf nei circoli giusti per raccattare un paio di finanziatori decenti e una bella botta di culo avevano fatto il resto, portandolo adesso dove si trovava, sulla cima del mondo, nel suo appartamento privato al 47° piano di una delle zone più chic di tutta New York City. Il radicchio sarebbe stato solo l’inizio. Stava per inaugurare una nuova era nella produzione industriale delle insalate e poi chissà, un domani avrebbe potuto conquistare anche il mercato del grano, delle mele, delle patate e della soia. Le potenzialità applicative di quella striscia di codice genetico mutante erano pressoché illimitate. Bevve un altro sorso di scotch, si pulì le labbra umide con il dorso della mano e si alzò per andare a vedere chi diavolo stesse bussando alla porta.

domenica 13 novembre 2011

Risotto zucca e gorgonzola.

Al Gran Consiglio delle Cucurbitacee, l'atmosfera era carica di tensione. Lungo il tavolo scuro, le Onorevoli ZuccheMinistro, espressione democratica degli ortaggi di stagione, continuavano a scambiarsi sguardi nervosi, in attesa che il Presidente del Consiglio, Zucca Pelata, esponesse loro la situazione. Sui mercati internazionali, i cavoletti di Bruxelles, i crauti di Bonn e i ravanelli parigini spingevano affinchè l'Orto italico prendesse decisioni rapide e incisive per fronteggiare la crisi dei vermetti, che ormai da qualche tempo metteva in difficoltà tutte le economie degli orti comunitari. La scarsità di vermetti nei terreni, infatti, toglieva ossigeno alle verdure, rendeva la terra dura e asfittica e le riserve statali non erano più in grado di far fronte alle richieste di concime. 
Zucca Pelata le aveva provate tutte per risollevare le sorti del proprio Orto: battute esilaranti, il suo famoso savoir faire e un tocco di machismo non erano tuttavia serviti. Alla situazione esterna già di per sè estremamente preoccupante, si erano aggiunti gli scandali interni, sobillati da maldicenti rape bolsceviche e portati avanti nei tribunali occupati dai famigerati peperoni rossi. Una vicenda di adescamento di bruscolini, zucche minorenni ma sode che lo avevano accusato di aver subito delle avances presso la sua residenza ufficiale, lo aveva definitivamente affossato, privandolo del bel pigmento arancione che ne aveva da sempre caratterizzato la polpa. Il colpo di grazia era arrivato quando un drappello di zucchine verdi lo aveva tradito sugli scranni parlamentari.
- Carissimi Colleghi, l'era delle Zucche termina oggi. Rassegnerò stasera le mie dimissioni e lascerò al Presidente della Repubblica dell'Orto il compito di formare un nuovo governo - Disse Zucca Pelata.
Un fremito di paura percorse la scorza bitorzoluta degli ZuccaMinistri. - E adesso? Chi ci guiderà? Come potremo continuare a curare i nostri orticelli personali?? - chiesero gli Onorevoli in coro. All'improvviso la porta della Sala iniziò a vibrare violentemente e si spalancò. L'ombra del grande Cetriolo calò sulle teste attonite dei Ministri. Subito zittiti dalla caratura internazionale di questo cetriolone, le Zucche iniziarono a tremare di spavento. A chi sarebbe toccato per primo?

Come dice la mia amica Angie, speriamo che da oggi le zucche siano solo nel risotto e mai più nel governo!!! E speriamo che questo bocconiano in arrivo prenda provvedimenti equi e giusti, perchè è vero che tanto a chi tocca n'se ngrugna però dipende pure dalle dimensioni e ho il sentore che questo sarà un grande cetriolone.... :-)

Ingredienti per 3 persone:
400 g di polpa di zucca
100g di gorgonzola piccante
due pugni di riso a testa + uno per la pentola (in questo caso, 7 pugni)
uno scalogno
un mazzetto di prezzemolo
una cipolla un sedano una carota e un chiodo di garofano per il brodo
una noce di burro
parmigiano
un dito di vino bianco
sale e pepe q.b.

Mettete su il brodo come spiegato nella ricetta dello Stinco .
Tagliate a rondelle sottili lo scalogno e fatelo stufare dolcemente in una pentola con la noce di burro. Tritate al mixer la zucca e aggiungetela allo scalogno, sfumate col vino, salate  pepate  e lasciate cuocere a fuoco medio per una decina di minuti.




Versate il riso e girate per far insaporire. Aggiungete via via mesotlini di brodo caldo finchè il riso non sarà al dente. Tagliate a pezzetti il gorgonzola, spengete il fuoco e mantecate il gorgonzola al risotto. Aggiungete il prezzemolo tritato e una macinata di pepe. Coprite e lasciate riposare due tre minuti. Servite caldo caldo.

venerdì 11 novembre 2011

Stinco di Santo

Nel mio immaginario, una stanzetta disordinata dove creature fantastiche e mirabilia concettuali fanno capolino da scaffali sgangherati, il maiale è un animale simpatico tutto rosa e con un riccioluto codino. A causa di un sincretismo culturale probabilmente generato da una esposizione prolungata ai cartoni della Disney, associo i maiali ai bufali, animali sacri per i nativi americani. Dei quali - Balla coi Lupi insegna - non si buttava via niente. Questi bovini dell'ovest entravano completamente nel ciclo di vita della tribù: dalla pelle alla lingua, dalle ossa alle unghie, tutto veniva trasformato e convertito in energia e oggetti, in archi frecce e indumenti, contribuendo così alla prosperità di quei popoli. Un po' come i maiali nostrani. Magari meno esotici ed evocativi rispetto ai cugini d'occidente, ma ugualmente fondamentali per il sostentamento di noi gente italica. Non si butta via niente del maiale, neanche un pelino. Ci facciamo i pennelli, la cera, il grasso, l'arrosto e ogni tanto pure qualche film.

Il bufalo e il maiale sono entrambi animali totemici, vi si affidavano i destini e le preghiere dei sacerdoti e dei guerrieri nei villaggi e nelle praterie. Un po' come si fa con i santi. Che mica li mettiamo nel cassonetto dell'umido.No, diventano venerabili reliquie. Ora, cosa differenzia uno stinco di maiale da uno stinco di santo..? A parte l'odore...? Naturalmente, la giusta quantità di paprika.


Ingredienti x 2 persone:

Uno stinco di maiale del macellaio (probabilmente non ce l'ha così su due piedi, lo dovete ordinare quindi scrivetevi un post-it e ricordatevi di chiederglielo in anticipo. Quando lo avrete in mano non spaventatevi, la  classica forma "a cosciotto" che siamo abituati a vedere comparirà solo a fine cottura...!)
4 carote, 4 coste di sedano, 2 cipolle bionde
un barattolo di paprika
un cucchiaino e mezzo di zucchero di canna
timo e alloro (io non ce l'avevo ma era buono lo stesso..)
un chiodo di garofano per il brodo
un pezzetto di burro
olio e.v.o. e sale q.b

Iniziamo dal brodo. In una pentola versate 2,5 litri d'acqua, aggiungete una carota pulita divisa a metà, le coste di sedano, la mezza cipolla e il chiodo di garofano. Fate bollire per circa una mezzoretta a fuoco basso e col coperchio, poi salate, togliete il chiodo di garofano e spegnete.


Preparate le verdure rimaste a pezzettoni e in una casseruola, meglio se a pianta ovale, versate dell'olio d'oliva. Massaggiate lo stinco con una miscela di timo e sale e fatelo rosolare assieme all'alloro finchè non avrà preso colore. Toglietelo dalla casseruola e aggiungete al fondo di cottura un pezzettino di burro. Versateci le verdure a pezzi, una generosissima dose di paprika e lasciate stufare per una quindicina di minuti.


Rimettete lo stinco nella pentola, versate qualche mestolino del brodo, aggiungete lo zucchero di canna e abbassate la fiamma al minimo. Fate cuocere almeno un paio d'ore e bagnate di tanto in tanto la carne con il brodo.Togliete l'alloro. Con un frullatore ad immersione, frullate i due terzi del fondo di cottura e rimettetelo nella pentola, aggiungete alla bisogna un altro mestolino di brodo e fate cuocere un altro pochino.
Servite caldo con la sua salsina e se proprio volete strafare, la morte sua è col purè :-)

domenica 6 novembre 2011

Gli gnudi

Sebbene il nome del piatto di oggi possa far pensare male alcuni dei miei lettori più maliziosi, questa ricetta non ha niente a che vedere con il cinema erotico, quello a luci rosse o po porno...! Gli gnudi non sono nè due amanti alla Paolo e Francesca sorpresi ad arrovellarsi nel letto da un marito ignaro e geloso nè due protagonisti d'ispirazione shakespeariana, travolti da una impetuosa libido e resi schiavi della loro passione. No, miei cari furbetti del buco della serratura, gli gnudi non sono altro che il ripieno del raviolo ricotta e spinaci cotto in acqua bollente e ripassato burro e salvia in padella, con una generosa spolverata di parmigiano reggiano. Anche se non si tratta di quella dispensata dal Dio Eros, vi assicuro che la goduria generata da un boccone di questa leccornia potrebbe farvi ridiscutere la vostra scala di misurazione del piacere...!

Il secondo episodio della saga del Paper lo trovate alla fine. Questa volta manca il riferimento al piatto, ma sapete com'è, quando il fuoco sacro della Musa ti investe, non le si può mica dire eh no guarda aspetta n'attimo che ora non c'ho la ricetta giusta...! Nel racconto c'è anche una piccola citazione cinematografica.. Chi la indovina per primo vince un BRAVO....!

Ingredienti per due persone:

una busta di spinaci freschi
150g di ricotta di mucca
100g di parmigiano
1 uovo
farina
noce moscata
burro
un rametto di salvia
pepe macinato fresco

Tuffate gli spinaci in poca acqua bollente e lasciateli cuocere per circa dieci minuti. Scolateli e lasciateli freddare. Strizzateli forte forte forte, prendendoli a piccoli mucchietti, in moda che siate sicure di aver eliminato la maggior parte d'acqua. Tritali con un coltello e metteteli in una ciotola.


Aggiungete la ricotta, l'uovo, il sale, il pepe, un cucchiaio di farina e il parmigiano. Impastate fino a che il composto non sarà omogeneo e ben amalgamato. Deve rimanere un po' duro, quindi se vi sembra troppo molliccio, aggiungete altro parmigiano o altra farina.


Prendete un po' dell'impasto e formate con le mani delle pallette non troppo piccole, infarinatele leggermente e mettetele in un piatto.


Mettete una pentola con abbondante acqua sul fuoco e quando bolle per bene buttate le pallette. Con una schiumarola smuovete delicatamente gli gnudi dal fondo ed aspettate che vengano a galla. Una volta in superficie, scolateli sempre con la schiumarola e ripassateli a fiamma decisa in una padella dove avrete precedentemente sciolto il burro con la salvia. Spolverate con altro parmigiano e......

Son Gnudi a Tavola!!!!!

"Corre corre il buon postino
lungo i colli e nel giardino,
corre e salta in bicicletta,
senza mai cambiar maglietta.

Nella sacca ben pressata
c'è la posta di giornata:
la vecchina al davanzale
attende curva il suo giornale,

La signora sulla porta
vuol spedire la sua torta,
il bambino in ospedale
scrive auguri per Natale.

Tutti quanti son di fretta
che il postino non aspetta.
Corre corre, in su e in giù
ma non salta mai un igloo."

Per la decima volta Paper mormorò quella stupida filastrocca. Si stava lentamente calmando, recuperava lucidità ad ogni rima, scalava un battito per ogni minuto. Finalmente riuscì ad alzarsi, saldò il conto e ci aggiunse venti dollari di mancia. Un po' troppo rispetto al classico dieci per cento ma non era certo il caso di formalizzarsi con il cameriere di Joe Shangai. Allungava volentieri quel paio di banconote in più, erano un ottimo sistema per tenergli al guinzaglio la lingua, soprattutto oggi dopo quell'incontro allucinante.
E così qualcuno aveva parlato. Qualcuno che lo conosceva bene, una persona di cui si fidava, a cui aveva confidato tranci interi del suo passato. Che adesso erano esposti come tonni in vendita sul banco del pesce. La cosa lo infastidiva. La cosa lo faceva veramente incazzare.

Una volta uscito dal locale accese una sigaretta. Ci mise solo quattro secondi per comporre il numero.
- A...A...Accetto - disse
- Bene Alex, sapevo che saresti stato della partita. Il tuo pacco si troverà tra quattro ore esatte al 458 di Chesterfield Avenue, tra la Cinquantaquattresima e la Terza. Ricordati che non vogliamo nè casini nè riflettori quindi cerca di fare una cosa pulita. -    
- Ehi A...A....Aspett... -
Click. Cazzo. 

Un uomo. Uno con il tono di chi comanda. Uno schifoso bastardo che presto avrebbe sputato fino all'ultimo dente. E lui aveva fatto la figura del fesso con quella sbavatura nella voce, quell'accenno di esitazione. Con orrore si accorse che la disfunzione del linguaggio, la sua balbuzie, era tornata dalle sabbie mobili della memoria assieme al suo vero nome. Alex. Come un fantasma che esce all'improvviso da una vecchia soffitta, alzando nuvole di polvere tutt'intorno mentre scuote le sue mute catene.

La rabbia lo avvolse con foga di drago. Corse veloce lungo la strada, tirando i muscoli sino al limite dello spasmo, i polmoni come mantici impazziti soffiavano aria dentro e fuori, garantendogli il giusto scambio osmotico, l'affluenza continua di ossigeno al cervello. Doveva recuperare la propria freddezza, quella patina di indifferenza che lo aveva reso impermeabile all'altalena della vita, l'essenza del Paper così diversa da quella di Alex: in grado di farlo sopravvivere, che si nutriva di tutte le sue paure ed emozioni. Un alter ego artificiale quanto provvidenziale, un bozzolo filato con cattiveria e distacco che aveva protetto il baricentro del suo vero io. Finora.

Adesso si era smarrito. Smarrito per davvero. Cercò la fermata della metro più vicina per orientarsi. Dal punto in cui si trovava ci sarebbero voluti circa 35 minuti per tornare a casa. Rimanevano poco più di due ore per pianificare il lavoro. Era una follia. La vocina razionale dentro di lui lo invitava a non proseguire, a non rischiare la pelle per un'oncia d'orgoglio e una manciata di dollari. Non conosceva i dettagli dell'azione, non aveva studiato il campo da gioco, nè pianificato l'attacco. Non sapeva nulla del suo bersaglio. E doveva sembrare un incidente. Tanto valeva concludere subito le ostilità e sventolare bandiera bianca, arrendersi ai cow boy e consegnare arco e frecce, arrivederci e grazie, saluti e buone cose, piacere di avervi conosciuto. Ma lui alle vocine razionali non aveva mai dato molto retta. Gli stavano antipatiche, tutte di piene di saggezza take away da due spicci. Le cose erano più complicate di così. Se avesse mollato, non sarebbe stato in grado di contattare nuovamente quell'uomo. E non avrebbe mai saputo come era venuto in possesso di quel nome e chi glie lo aveva fornito. La faccenda andava portata avanti. Bisognava scoprire e poi eliminare l'usignolo che aveva cantato. Quello di cui aveva bisogno era un aiuto. Di quelli grossi, muscolosi e folli. Una mano subito e in fretta. E c'era una sola persona tanto sciroccata da farsi trascinare in una pratica pasticciata e con un forte puzzo di morto come questa. Saul. Aveva bisogno di quel bastardo figlio di puttana di Saul.

Saul e Paper si erano incontrati la prima volta nel distretto di polizia di Queensboro. A quei tempi per avvertire l'avvocato si usava ancora il telefono a gettoni, "Like a Virgin" era la hit del momento e lui e Saul dividevano la stessa cella di sicurezza, in attesa di essere interrogati da un poliziotto ciccione a cui il distributore di ciambelle sembrava aver rubato l'ultima monetina. Uh se era incazzato quello sbirro unto e arteriosclerotico, sembrava una grossa foca a cui un addestratore sadico aveva nascosto il giochino preferito. Dalle narici porose gli colavano leggeri rivoli di sudore ed emetteva un muggito sommesso ogni volta che cercava di infilare il grasso braccio nello sportello della macchina, tentando di raggiungere l'agognato dolcetto.  Dalle sbarre della cella, Saul aveva cominciato a prenderlo per il culo dopo pochi minuti facendogli notevolmente aumentare la pressione sanguigna. Almeno a giudicare dalle dimensioni della vena che pulsava frenetica su quella calva tempia rosa. 

- Ehi cicciabomba, troppi cioccolatini eh?!?! Ma quella mongolfiera nera che vedo è il tuo culo o la galassia di Orione?!?! Aspetta aspetta, ho capito ti sei travestito da Michael Moore per Halloween e la tua donna ti ha detto Amore mi fai arrapare tantissimo così ciccioneintelluttale e non ti sei più tolto il costume?!? Auhuaauhahauahauauaaahahahah-  - Adesso vi faccio ridere davvero a voi due mezzeseghe - aveva risposto il poliziotto grasso. Chiamando in supporto un paio di nerborutipernientegrassimainvecemoltogrossi fautori della legge e dell'ordine, la foca gigante li aveva ripetutamente, prolungatamente e generosamente fraccati di botte per tutta la notte.Il giorno dopo, quando l'avvocatessa di Paper si era degnata di venirlo a tirare fuori dalla gattabuia, lui stesso le aveva chiesto se poteva occuparsi anche del caso di Saul. Una cosetta dovuta ad una disdicevole incomprensione con il proprietario di un'auto rubata che sosteneva di aver riconosciuto in Saul il malvagio malfattore. 

In quel momento, Paper non sapeva di aver gettato le basi di una lunga e prolifica collaborazione criminale, fatta di colpi favori sbronze e scopate. Una corsa al massimo lungo i viali della malavita dove non ci si allacciano le cinture e non ci si ferma per far attraversare le vecchiette, una fuga rombante in moto, che alla lunga li aveva fatti diventare qualcosa come amici.(Continua....)


mercoledì 2 novembre 2011

Farrotto rosso con funghi porcini

Il farrotto è una rara bestia autunnale, che esce fuori dalla sua tana quando nell'aria sente odore di terra e foglie bagnate. Il farrotto non è un risotto ma ci assomiglia, non è zuppa ma neanche pan bagnato. Il farrotto è un ibrido, un piatto insolito che sprigiona il suo potenziale quando incontra i funghi, amici fraterni di stagione. Il farrotto assieme ai funghi gioca nei boschi, si sporca di rosso pomodoro e torna a casa più felice di quando è uscito.  Il farrotto si mangia in autunno, quando le foglie cadono e un manto giallo rosso e marrone ricopre le strade prima dell'inverno. Il farrotto si mangia caldo. Al farrotto piace il vino rosso, ma non disdegna un buon bicchiere di birra cruda. Il farrotto non esiste sulla carta ma c'è nella realtà. Il farrotto non è nè spirito nè carne, il farrotto è un'idea. Il farrotto pensa, dunque è.

Questa è una ricetta ereditata dalla mia cara mamma, che una volta lo fece per gioco, senza sapere a quale creatura stava dando vita. Questo Frankenstein de' Noantri sprizza gusto da tutti i pori ed è una notevole, scicchissima alternativa al classico risotto coi funghi. Certo, necessita di almeno un'oretta di cottura, ma d'altronde, Roma non è stata costruita in un giorno....

Ingredienti:
500g di farro
2 latte di polpa di pomodoro
50g di funghi porcini secchi (mi raccomando, di quelli buoni che quando si riprendono tolgono il respiro dal profumo..)
un sedano, due carote e una cipolla (o uno scalogno, fate vobis)
olio e.v.o. e sale q.b.

Pulite e lavate le carote, il sedano e la cipolla. Fate un trito fino fino e mettetelo a soffriggere in una pentola. Mettete i funghi in acqua calda per una decina di minuti, in modo che rinvengano.


Una volta pronti, riduceteli in pezzi un po' più piccoli e aggiungeteli al soffritto. Salate. Lasciate insaporire qualche minuto e aggiungete il farro, che avrete precedentemente sciacquato per benino.

Mescolate e versate l'acqua dei funghi, aggiungete la polpa di pomodoro. Riempite d'acqua una delle due latte e aggiungetela al farro.  Coprite con un coperchio e abbassate la fiamma. Ora occhio, perchè se ogni quindici minuti non lo controllate, si attacca e si brucia. Il farro ci mette circa quaranta minuti per cuocere, ricordatevi di aggiungere altra acqua (o brodo vegetale caldo) se si asciuga troppo (ma senza esagerare, perchè non è una zuppa. Più o meno è la stessa tecnica del risotto, quando l'acqua viene assorbita, ce ne rimetto un po' fino a completa cottura).

Attenti agli gnomi che ne vanno ghiotti!