venerdì 30 dicembre 2011

Pie di frutta e datteri

Ecco una torta scicchissima per un'occasione importante, dove dovete fare una bella figura ma senza appesantire, che magari già avete mangiato come sprocedati.... Per me, questa è un'ottima alternativa ai tradizionali dolci di Natale perchè è fatta interamente di frutta, con l'aggiunta di datteri e mandorle. Si sa, i datteri sono i king della frutta secca: dolcissimi, carnosi, rimandano a parole come deserto, odalische, lussuria, berberi e pascià.. C'è abbastanza potere evocativo nel dattero da poterci fantasticare sopra per giorni e giorni...


venerdì 23 dicembre 2011

Il Pranzo di Natale

Carissimi amici dei fornelli, l'evento culinario dell'anno è praticamente alle porte e a meno che non siate dei piccoli Grinch verdi che odiano il Natale, intolleranti ai Jingle Bells e al panettone, sarete impelagati nella preparazione del menù natalizio. Che siate dei tradizionalisti o degli sperimentatori, che cuciniate per la Vigilia o per il Pranzo del 25, mi auguro che non siate da soli ai fornelli, ma che possiate godere della compagnia di un vostro caro e condividere con lui/lei le crisi di panico o gli attacchi isterici che puntualmente avvengono dietro le quinte, quando il soufflè non suffla, la chiara non è abbastanza chiara e l'unico latte che vi è avanzato è quello alle ginocchia!

Innumerevoli sono gli aneddoti che vi potrei raccontare: io e la mia mamma sono ormai diversi anni che prepariamo assieme il pranzo del 25 e, vi assicuro, uno più divertente dell'altro. Soprattutto perchè ciò che succede in cucina resta in cucina. Nessuno degli ospiti sospetta nulla, nessuno sa, nessuno conosce le magagne delle cuoche che sono vincolate al gran segreto e al massimo riserbo. Un po' come faceva anche la mia nonna Alina. Lei sì che non si scomponeva davanti agli imprevisti. Una volta il cane Charlie, adorato cocker si famiglia, le addentò l'arrosto prima di andare in tavola, ospite uno zio che non vedeva da tempo. Bhè, lei non fece una piega: lottò contro la presa del cane e riuscì a toglierglielo dalla bocca, tolse la parte sbavata, lo affettò e lo servì allo zio. Il quale non si accorse di nulla e fece molti complimenti. Grande Nonna.. Perfetta padrona di casa!

Siccome siamo tutte indaffarate, vi elenco brevemente il menù di quest'anno: Crostatine di ricotta e spinaci e Barchette radicchio gorgonzola e noci. Sformato di carote e broccoli. Ravioli ripieni di fonduta (Fontina) con funghi porcini e pere. Tacchinella ripiena di mirabilia medievali (questa perà non la facciamo nè io nè mia madre, ma la suocera di mia sorella! Ottima!). Insalata di finocchi arance e olive nere. Gran trionfo di dolci: Pie alle arance e datteri, Cappelli di Babbo Natale e Salame di Cioccolata... Lo so.. è un sacco di roba... Infatti stiamo sclerando.. Ma il Natale a me piace per questo.. E poi passare un po' di tempo con la mamma non ha prezzo!

A tutti voi, miei cari lettori e lettrici, un Buon Buon Natale!  

domenica 18 dicembre 2011

carne alla pizzaiola

Cari amici dei fornelli, tra renne e strenne oggi voglio condividere con voi una ricetta che mi riporta indietro nel tempo, quando ero una bimbetta che pranzava dalla nonna. Non è un piatto da ristorante e nemmeno da cultori della gastronomia, ma appartiene alla categoria "le basi della brava massaia". Sto parlando della carne alla pizzaiola, che storicamente risponde all'esigenza di rendere appetitosi i tagli meno pregiati della carne. Questa specialità partenopea (detta alla pizzaiola perchè in origine la pizza a Napoli si faceva aglio olio e origano) ha il vantaggio del due per uno, ossia con il sugo della carne ci potete fare anche il primo (A me fa impazzire col riso bianco... Ma anche la pasta esce bene). Un piatto velocissimo che sprigiona sapori ecceziunali veramente!!!
Alla fine della ricetta, concedetevi dieci minuti per leggere la quinta parte della saga del Paper!

Ingredienti per quattro persone:

4 fettine di bovino adulto (tipo pezza)
una scatola di polpa di pomodoro
aglio olio e origano

Tagliate con le forbici le fettine, in modo da ottenere tante strisce di carne. Scaldate un poco d'olio in padella e lasciate soffriggere dolcemente l'aglio. Aggiungete il pomodoro, alzate la fiamma, coprite con il coperchio. Quando il sugo bolle, togliete l'aglio e aggiungete la carne. Aggiungete l'origano, abbassate il fuoco, togliete il coperchio e lasciate cuocere per un quarto d'ora (a me piace quando il sugo si è addensato bene bene).

Se vi piace, potete aggiungere i capperi, le olive nere o il peperoncino. Fate vobis come più vi aggrada! Il consiglio è di servirla accampagnata con del riso bianco (piatto unico)... Oppure, col pane, potete fare una scarpetta reale!

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Da Harry il fumo denso della griglia si librava prepotentemente tra i tavoli malconci solleticando le narici di altrettanto malconci avventori con l’odore, ottimo, di fibre di carne lasciate a cuocere nel retro. Mr. Harry Benson, il proprietario del locale, girava e rigirava gli hamburger mostrando orgoglioso le finestrelle vuote del suo famoso sorriso a tutta bocca, che gli era valso il soprannome di Sorridente. Con quella scacchiera bianca e nera, che appariva ogni qual volta una risata deflagrava sul suo volto d’ebano, Smiling Harry aveva conquistato negli anni una clientela affezionata, che amava lo stile creolo dei suoi panini e ascoltava le pillole di saggezza caraibica che accompagnavano ogni suo piatto. Harry ci metteva il cuore in ogni hamburger: l’amore, la gioia e qualche goccia di tabasco rendevano straordinario il risultato. Un’insegna di legno appesa dietro il lungo bancone del bar mostrava ai clienti la vision di quella piccola impresa a conduzione familiare: too blessed to be stressed, troppo benedetti per essere stressati. Una frase che esemplificava l’atteggiamento di Mr. Harry nei confronti delle sfighe che la vita gli aveva riservato. E che lui si premurava ogni giorno di mettere in pratica. Ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette Smiling Harry faceva quello che sapeva fare meglio. Sorridere e preparare hamburger. Se sai fare bene una cosa, fatti pagare per farla, ripeteva. E lui faceva da mangiare per tutti coloro che potessero permettersi di spendere quattro dollari e cinquanta a panino. E a cui non dessero fastidio i gatti che gironzolavano tra la cucina e gli sgabelli del bar.   

-      Ahuo ahuo ho.. Guarda guarda cosa porta il vento del Nord al vecchio Harry quest’oggi.. Saul e Paper a spasso insieme… Che si dice ragazzi?!? Non sarete di nuovo in qualche casino eh..?!? L’ultima volta che vi ho visto insieme tu eri praticamente in fin di vita e Paper vomitava l’anima nel cestino degli ombrelli… -
-         Sai come si dice no..? Tutto a posto e niente in ordine caro Harry! –
-         Fffa.faccene un pp..paio Smiling, di que..quelli con la bb..b..banana –
-         Lo vedi che non me la raccontate giusta. Che cavolo gli è successo alla voce a questo?
-         F..f..fatti i ca..ca..caz.. –
-         Seeeeee domani.. Spiegamelo te Saul che se no mi si bruciano gli hamburger..-
-         Sembra che uno scoiattolo forastico gli abbia fatto il nido in gola, vero?!!?
-         Uahhahh ahah ahha –
-         Vaffanculo tutti e due, idioti. –
-         Ehi, lo hai fatto di nuovo.. Quanto ti arrabbi le parole ti escono normali! –
-         Vabbè non siete in vena di chiacchiere vedo. Mettetevi a sedere. Vi faccio due burger special. -

Gli rodeva perché Saul aveva ragione. Quando percepiva la rabbia montare dentro di sé una forza e una determinazione poderosa si impadronivano di lui e allora poteva scalare montagne e attraversare foreste, correre veloce facendo a gara con gli uccelli, nuotare mille miglia e poi di nuovo altre mille, persino uccidere. Anzi, sinora aveva fatto soprattutto quello. Nell’ascesi dell’ira, in quello stato di trance che lo rendeva invulnerabile alle insicurezze e alle paure aveva sempre e solo ucciso, catalizzando le debolezze del suo alter ego Alex in un fuoco di piombo che falcidiava ogni suo bersaglio. Era Alex che lo aveva reso il Paper. Senza l’umiliazione, il pianto, l’angoscia di quel ragazzino imbranato non avrebbe potuto trovare la sicurezza necessaria per tagliare una gola o premere un grilletto. Non ricordava di aver mai riflettuto su come era davvero riuscito a diventare un killer a pagamento. Spezzoni di luoghi, frasi, sensazioni, la Sicilia, Zio Tonino che gli mostrava come pulire il fucile. Poi i sentieri nelle montagne, la fame, il freddo, le cosce della figlia del contadino. E l’adrenalina, la mira, il sangue, il rinculo del fucile. 

Qualcosa vibrava nella tasca dei suoi jeans. Numero sconosciuto, si alzò felino dal tavolo e rispose al cellulare.
-         Coglione. Ti avevo detto niente riflettori. Spero per te che la faccenda venga archiviata come incendio accidentale o saremo costretti a prendere efficaci contromisure. E per efficaci intendo la tua testa cotta al forno con le patate -
-         D...dove s..s..sono i miei s..s..soldi? –
-         Girati –
-         C..c..cosa? Ehi.. –
-         Click –
Ma Porc’.. 

La faccia d’angelo sexy che aveva incontrato da Joe Shangai qualche ora prima, lo osservava appoggiata al juke box. Si diresse verso un tavolo attraversando le spire di fumo bianco prodotte dalla sigaretta sottile sempre accesa. Indossava la stessa maglietta scollata di prima, le calze velate rendevano ancora più evidenti le linee lunghe di quelle gambe filiformi. Paper si ritrovò solo con un pensiero: nonbalbettare nonbalbettare nonbalbettare nonbalbettare. 

       - Bravo Alex. Ti sei guadagnato la fiducia dei miei colleghi. Questo significa due cose. Uno che ci sarà un nuovo lavoro per te. Due, che domani hai un appuntamento a cena con me. Abito Scuro.-
       - MA CHE TI SEI IMPAZZITA!!!!?!! –

Paper si rese solo conto di aver alzato la voce. Ci mise ben cinque secondi a focalizzare il fatto che le parole avevano suonato perfettamente. Tutte d’un fiato, secche e fluide come un rum invecchiato venticinque anni dopo una giornata di lavoro. Si guardò intorno ma le teste dei pochi clienti non si erano mosse. Nessuno ci aveva fatto troppo caso. Smise di sudare e abbassò la voce: 

-         Uno, chi cazzo sei tu? E come fai a conoscere quel nome..? Due, se non mi racconti cosa sai tu di tutta questa faccenda, la tua faccina d’angelo finisce a striscioline nella tazza del cesso– 

Faccina Sexy sorrise. Di nuovo quei dentini bianchi bianchi. Come quelli di un barracuda. Con tono soave rispose:
-      No che non sai chi sono io, Alex. E per il momento non è necessario che tu lo sappia. Ti basterà sapere che per un po’ avrò bisogno di te. Il dolore che la disubbidienza ti provocherebbe non lo riesci nemmeno ad immaginare. Noi possiamo arrivare ovunque, sapere tutto di chiunque, corrompere chi di dovere ad ogni livello. Noi possiamo far riaprire il caso del tuo padrino e lo faremo se rifiuterai di aiutarci. Chiameremo tua madre a testimoniare e le faremo ripetere e rivivere tutti i momenti felici del loro matrimonio, quando lui la torturava per filmarla e vendere poi i video sul mercato nero del porno. Credo che da qualche parte ci siano ancora quei video... Potremmo darli alla stampa e vedere che cosa ne fanno, magari diventa famosa... Pensa, mentre lei racconta le sevizie subite condanna contemporaneamente il figlio alla pena capitale. Magari ci fanno un film.. Anche se personalmente non credo che la signora sia in grado di reggere a tanto stress..-
-         Sei una grandissima stronza, io ti ammazzo -
-         Già. Ma dopo quello che ti ho detto non credo che ti convenga uccidermi, no? E poi se mi spari, non saprai mai chi ti ha tradito e sono sicura che invece sei curioso come una biscia, vero? Passo a prenderti domani alle sei. Abito scuro.
-         I..i..io ok. -

La televisione all’angolo del bancone catturava l’attenzione di Saul, mai indifferente alla bellezza di un mosaico di pixel raffigurante una bella donna.  La brunetta di Channel 4 stava trasmettendo in diretta da Chesterfield Avenue: 

- Un edificio della centralissima Chesterfield Avenue ha preso fuoco questo pomeriggio provocando una vittima tra gli inquilini del palazzo e scatenando il panico tra  la folla che transitava per le vie dello shopping. Fonti non ufficiali confermano: si tratterebbe del giovane milionario e magnate delle verdure fresche Jimmy T. Gamble, che proprio domani avrebbe dovuto presenziare all’annuale Fiera Internazionale dell’Ortaggio. Il Dipartimento dei Vigili del Fuoco ha convocato una conferenza stampa per domani mattina alle otto. Channel 4 seguirà in diretta per voi gli  ulteriori aggiornamenti. Io sono Giselle Raymond per  Channel 4, New York City. –

Visto, siamo già in prima pagina, disse Saul grattando l’orecchio di un micio tigrato. Ehi mi hai sentito.. Ho detto che.. La frase rimase sospesa nell’aria, Paper non era più seduto accanto a lui. Cosa diavolo potesse tenere lontano Paperbello dall’hamburger fumante che Harry stava impiattando proprio non riusciva a capirlo. Di solito non andava manco a pisciare, l’attesa lo inchiodava alla sedia. Quando vide il motivo della insolita sparizione, comprese. Erano due tette cosmiche su un paio di gambe mozzafiato. Gambe che stavano andando via, lasciando il Paper solo e con lo sguardo fisso sulle maioliche del pavimento. Qualunque cosa fosse successa non erano buone notizie.  Si avvicinò al tavolo dell’amico in modalità “lasciale perdere le donne sono tutte delle gran vacche” quando si ritrovò steso a terra. Paper gli si era avventato contro, il viso deformato dalla rabbia, gli occhi lucidi, le mani strette attorno al collo sottile.

sabato 17 dicembre 2011

pasta al pesto, ricotta e noci

Carissimi aiutanti di Babbo Natale, il periodo delle feste si avvicina e tra pacchi, pacchetti, addobbi e centrotavola resta poco tempo per preparare una buona cenetta ai vostri cari, un po' perchè siamo un filino stressate (provate a prendere la macchina questo periodo a Roma.. Più o meno è così che immagino il settimo girone infernale..:!) un po' perchè sfacchineremo già abbastanza il 24 sera e il 25 a pranzo, quindi, voglia di cucinare saltami addosso :-)

E allora per venire incontro alle esigenze di noi tutte, ecco il mio regalo di Natale, un po' in anticipo sui tempi ma certamente utile: la ricetta della pasta al pesto con ricotta e noci. Facilissima. Velocissima. Fatta con ingredienti che solitamente abbiamo in casa.Una vera leccornia, dove la ricotta smorza il sapore forte del pesto al basilico. Allora, proprio perchè andiamo di fretta, direi che in questo caso va benissimo usare il pesto già pronto in barattolo, visto che comunque non è stagione di basilico (il mio è triste e senza foglie... credo sia morto...). Tempo totale di preparazione, compresa la cottura della pasta, 11 minuti ( e direi che je la potemo fa'!!!)

Ingredienti per due persone:
mezzo barattolo di pesto già pronto
80g di ricotta
una decina di gherigli di noce
160g di pasta corta (considerate che è una pasta gustosissima ma che riempie, quindi ho calcolato circa 80g a testa)
sale, pepe e parmigiano q.b. e se piace

Mettete un pentolone con l'acqua sul fuoco. Rompete grossolanamente i gherigli di noce. Mettete la ricotta nella ciotola dove servirete la pasta. Quando l'acqua bolle, prima di salarla, toglietene dei cucchiai e aggiungetela alla ricotta, girando e mescolando in modo da formare una crema (mettete più o meno acqua a seconda che vogliate il condimento più denso o più liquido).

 Aggiungete il pesto e mescolate fino ad ottenere una salsa omogenea. Aggiungete le noci spezzettate.

 Salate l'acqua (attente che il pesto è già molto sapido di suo)  e tuffate la pasta. Scolatela al dente (vi consiglio di conservare un pochino dell'acqua di cottura, non si sa mai, vi p'otrebbe servire) e conditela nella ciotola con il condimento. Una macinata di pepe et voilà..  la cena è pronta!

domenica 11 dicembre 2011

Sugar Cake a.k.a. biscottini della felicità

Una ricetta spaziale per un biscotto di zucchero speciale. Speciale per davvero. La prima volta che ne ho sentito parlare ho pensato ommioddio il coma glicemico... E poi mi sono dovuta ricredere, perchè, per qualche motivo inspiegabile dalla scienza moderna, la menta e la noce di cocco smorzano la dolcezza dello zucchero di canna.

Ma andiamo con ordine. Il contesto di questa zuccherellosa delizia è la cucina della nonna. No, non la mia di nonna. Ma quella degli abitanti caraibici (lo giuro, questo è l'ultimo post in cui sciorino le mie esperienze antiguane!!!), bimbetti e bimbi troppo cresciuti, infatti, ne vanno ghiotti e la semplicità della preparazione, nonchè l'economicità degli ingredienti, ne fanno un MUST del pasto domenicale locale, un po' come la pallina di caffè fatta con lo zucchero per noi (E non mi dite che vostra nonna non vi ha mai corrotto con tale ghiottoneria..!). A me, per estetica, ricordano un po' i biscotti brutti ma buoni, che uno non gli dà una lira fino a che non assaggia il primo. E poi diventano una droga...!

Prima di passare all'illustrazione della ricetta, una precisazione: le quantità sono un po' ad occhio, nel senso che oltre alla difficoltà dell'unità di misura diversa (ci sono le "ounce" e i "pound". Caro buon vecchio sistema metrico-decimale, che gli avrai mai fatto agli inglesi....!) ci siamo dimenticati di misurare con precisione tutti gli ingredienti. Confido che le immagini vi aiutino nella realizzazione del piatto!

Ingredienti:
una noce di cocco
200 g di zucchero di canna (circa)
menta quanta ve ne piace (ma cercate di non esagerare!!!)
acqua
un cucchiaio di latte concentrato/mandorle tritate (facoltativo)

Aprite la noce di cocco e staccate la polpa dal guscio. Grattugiatela finemente.


Tagliate con le forbici la menta, più la tagliuzzate, più si amalgamerà al composto, quindi dateci dentro con le forbici!Si comincia preparando una specie di caramello: versate dell'acqua - un dito o poco più - in un pentolino di metallo, accendete il fuoco e aggiungete lo zucchero di canna. 
Cominciate a girare fino a che non inizierà a formarsi una specie di caramello. A quel punto, aggiungete la noce di cocco grattata e continuate a girare per circa tre minuti.

Aggiungete la menta (e se vi piacciono, gli altri ingredienti facoltativi) e continuate a girare fino a che non si sarà rappreso.
Spengete e versate su della carta marrone (quella del fornaio) tante cucchiate del composto distanti tra loro in modo che non si appiccichino. Dovrebbero formarsi tanti coockie.. Lasciate raffreddare in un posto ventilato per qualche ora. Una volta induriti sono pronti da mangiare e, udite udite, si conservano in frigo per circa due mesi!

lunedì 5 dicembre 2011

L'Aragosta di Cleveland

Cari amici dei fornelli, post a profusione!!! Sarà che il freddo locale mi stimola le meningi, sarà che mi siete mancati, sarà la voglia di condividere i piatti esotici che ho assaggiato in questo breve periodo vacanziero, eccomi di nuovo qui con una ricetta da veri gourmand!!!
Ma prima di passare ad illustrarvi i passaggi per la realizzazione di questo magnifico manicaretto permettetemi un breve ringraziamento. Eh sì, un grazie speciale al nostro amico Cleve, senza di lui nessuno di noi avrebbe avuto il piacere di mangiare queste meravigliose aragoste! Già, perchè è vero che sono buone, ma ve le danno vive e non è facile dare l'estremo saluto a queste Pizzicotte atlantiche...! La maniera migliore per farla finita è gettarle nell'acqua bollente, ma questa semplice operazione ha due controindicazioni di non proprio facile superamento:

1) le devi prendere in mano, sono brutte, con le zampe pelose ed hanno delle specie di affilatissimi denti che possono tranquillamente tranciarti un dito (no, non con le chele, sono proprio piccole "lame" alla base della coda...)
2) Se non fai attenzione e non le butti in pentola con una certa tecnica, piangono strillano e si agitano. Con i colpi di coda sono in grado di rovesciarti il pentolone d'acqua bollente addoso.

Nel vano tentativo di trovare una soluzione a queste due problematiche, ho visto scene incredibili: al primo posto nella classifica delle tecniche più esilaranti per uccidere queste bestioline, imperituro nella memoria, il ricordo di mio cugino Pitòn e di mio padre che inseguono un'aragosta con un machete conficcato nel guscio per tutta casa. Al secondo posto, la strategia del "Congelala così almeno non piange". Sì, ottima. Ma comunque le devi prendere in mano...

Davvero Thank you, Cleve per aver fatto il lavoro sporco!

PS: ai piedi del post, il quarto episodio della saga del Paper.

Ingredienti per due persone:
due aragoste vive
4 patate bollite
olio, sale, pepe e limone
una cucchiaiata di guacamole per guarnire

Allora, portate ad ebollizione un pentolone pieno d'acqua. Coprite con il coperchio e salate. Prendete l'aragosta in modo da bloccargli la coda e facendo attenzione ai dentini posti in cima ad essa. 

 

Gettatele nell'acqua bollente e chiudete rapidamente con il coperchio. Aspettate qualche minuto, fino a che smetterà di agitarsi. procedete con l'altra aragosta. Lasciate cuocere fino a che, da rosso, il guscio non diventerà arancione. A questo punto (circa dieci/quindici minuti) toglietele dalla pentola. Tagliate via le antenne e le zampe (non buttatele via: rompete il guscio con le mani e succhiate l'interno) Con un bel coltellaccio pesante, partendo dalla coda, tranciatele in due. Con un cucchiaino iniziate a togliere il liquido beige e il filamento dell'intestino. Potreste sciacquarle sotto l'acqua (fate prima e pulite meglio) ma perdete un po' del sapore. 


A questo punto impiattate, aggiungendo le patate bollite a pezzetti e il guacamole. Condite il tutto con olio sale e limone e largo al Sapor dei Caraibi :-) 

Un consiglio: per rompere le antenne e mangiare la carne all'interno, dotatevi di uno schiaccianoci o dell'attrezzino specifico per crostacei!

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Saul sembrava proprio il classico immigrato messicano venuto a pulire gli androni di quel lussuoso condominio americano: con quello sguardo remissivo e il naso un po’schiacciato, le mani tozze aggrappate al carrello delle pulizie, una tuta da lavoro che  lo faceva assomigliare al fratello tisico di Super Mario Bros. Assolutamente indistinguibile in mezzo alla miriade dell’anonima forza lavoro che frequentava il palazzo. Entrò dall'ingresso principale senza nessuna esitazione. Il portiere dello stabile lo degnò dello stesso interesse che si riserva ad una mosca ronzante su una cacca di cane. 

Paper era nascosto nel secchio dell’immondizia installato sul carrello. Corre corre il buon postino, Lungo i colli e nel giardino. Corre e salta in bicicletta, Senza mai cambiar maglietta. Etc. etc. Era nervoso. Non aveva ancora avuto il tempo di riflettere lucidamente sugli ultimi accadimenti e lo shock per il ritorno della balbuzie lo aveva turbato più di quanto egli stesso non avesse creduto. Era stato così facile incrinare lo strato di distacco che come un ghiacciaio aveva ricoperto per anni il suo io più profondo?  Dalle crepe del permafrost identitario in cui aveva vissuto iniziavano a venire a galla i ricordi  della sua vita precedente, quando non era altro che un ragazzino timido a cui  qualche bulletto rubava i soldi della merenda o buttava i libri nel cesso. La odiava quella fase del suo passato, disprezzava l’essere stato lo sfigato della scuola che a causa della sua disfunzione e dei suoi modi delicati veniva deriso e isolato dagli altri. Persino i ciccioni brufolosi si sentivano tranquilli a prenderlo per il culo. Solo perché andava dal logopedista non voleva dire che era un fallito, né un perdente.
E poi un giorno era successo. Tutto il rancore e tutta la rabbia accumulata fuoriuscirono improvvisamente e lui ricordava di aver preso il revolver del padrino, di averlo caricato, di averlo puntato. Un solo colpo, dritto in testa. Bye bye testa di cazzo. Valle a fare con tua madre all’inferno quelle schifezze con la bottiglia. 
Il parroco del quartiere lo aveva fatto uscire di corsa dal Paese, imbarcato sotto falso nome su un mercantile diretto in Italia, ospite di alcuni lontani parenti siciliani che lo avevano accolto e gli avevano insegnato un mestiere. Era divenuto un killer. Era tornato come il Paper. Con tanti saluti al povero Alex.

Quando aprì la porta al ragazzo delle pulizie, Jimmy T. Gamble non sapeva che sarebbe morto nel giro di dieci minuti. Paper saltò fuori dal secchio e con un repentino guizzo delle mani lo afferrò tra il collo e l’incavo della spalla, un mossa da far invidia a Chuck Norris in persona. Mr. Gamble svenne immediatamente tra le braccia pronte di Saul, che lo trascinò al centro dell’ingresso, sul lussuoso tappeto che impreziosiva la stanza. 

-         E adesso, Steven Seagal dei quartieri poveri? Che facciamo..?? Gli chiediamo gentilmente di morire in modo accidentale?
-         Z…z.zi..tto..to.. Sto pepepepe..pensando.. –

Paper si guardava intorno alla ricerca di qualche oggetto che potesse fargli venire uno straccio d’idea. La bottiglia di scotch poggiata in bella mostra sul mobile bar dello studio catturò la sua attenzione. Sì, avrebbe anche potuto funzionare. Chiese a Saul di spostare il corpo del bell’addormentato, gettò il liquido ambrato sui vestiti di Jimmy e ne versò un’altra generosa dose sulle carte disposte in pile ordinate sulla scrivania. Si accese una sigaretta, fece un tiro profondo, sputò diversi anelli di fumo e con studiata lentezza gettò il fiammifero sopra quella pira improvvisata.  

-          Un po..p..p…po’ di fu..fu..fumo e poi… ll..l.l’arrosto! –  
-          Sbrighiamoci a uscire. Qua la fine dell'arrosto la facciamo pure noi… - 
-          Mmm..mi è ve..ve..vvvenuta fa..fa.fame.. –
-          Andiamo a farci un hamburger da Smilin'.. - 

Saul prese il carrello delle pulizie e aiutò Paper a recuperare l’invisibilità sistemandolo nel secchio della spazzatura mobile. Mentre uscivano attraverso le imponenti porti girevoli del palazzo, l’allarme antincendio cominciò ad urlare. Teatralità ed Inganno. Si mischiarono veloci alla marea umana che a quell’ora inondava la Terza strada, diretti verso il fast food più "friendly" che avesse mai aperto nella Grande Mela.

Guacamole Caraibico

Cari amici del fornello, ora che le valige sono state disfatte, le foto scaricate e i passaporti riposti nel cassetto ho tutto il tempo per dedicarmi alla scrittura di qualche post culinario! Siete curiosi eh...?!? E ne avete ben donde, perchè son tornata carica carica di ricettine sfiziose ed esotiche, in grado di solleticare anche la papilla gustativa più pigra! E sebbene questi siano tempi di cetrioloni volanti (ve lo avevamo detto noi che il tempo delle cucurbitacee non si era ancora concluso...) oggi vi voglio regalare un piatto con protagonista un frutto più confortevole: l'Avocado. Morbidissimo, colorato, avvolgente. E pieno zeppo di calorie. Nonché, ingrediente fondamentale per la preparazione del guacamole, salsina regina dell'aperitivo tex-mex. Certo, questa è la MIA, personalissima versione. Non sentitevi offesi se diverge dalla vostra :-)

Con i nachos il guacamole si sposa perfettamente, in un triangolo amoroso dove il terzo convitato è senza alcun dubbio una birretta tipo Corona o, per i più fortunati, una Carib...! Oppure, se proprio vi sentite sfascioni, ci si abbina bene bene anche una tequila sale e limone! A me, comunque, la salsa guacamole piace anche con il riso bianco o come guarnizione di secondi di carne o di pesce, ma ne saprete di più solo quando vi racconterò dell'aragosta......! In ogni caso, godetevi la serata con i vostri amici e cercate di non ubriacarvi troppo (oppure sì, e allora dateci dentro!!!!).

Ingredienti per 4/6 persone:
2 avocadi maturi ( intendiamoci, gli avocadi che compriamo al supermercato sono tutti acerbi! Ora, per farli maturare a dovere, vanno tenuti fuori dal frigo almeno 4 giorni: sono pronti quando al tatto sono morbidissimi che quasi si sfracellano e la buccia viene via facilmente senza bisogno di usare il coltello)
2 pomodori
mezza cipolla
lime (o limone)
tabasco (o paprika o peperoncino)
olio sale 

Sbucciate, tagliate a metà e eliminate il grosso seme tondo degli avocadi. In una ciotola. con l'ausilio di una forchetta, schiacciate la polpa.


Togliete la buccia dei pomodori, riduceteli a tocchettini piccini e aggiungeteli nella ciotola. Spremete il lime, trasferite il succo in un bicchiere e emulsionatelo con l'olio, il sale e il tabasco. Con le mani impastate il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo.

 

Sbucciate la cipolla e mettetene una metà intera nel composto. Lasciatela ad insaporire una mezzoretta ( più la lasciate, più il guacamole sarà cipolloso), poi levatela. Servite con i Nachos!


PS: se avanza don't worry! Si conserva 4 o 5 giorni in frigorifero

mercoledì 23 novembre 2011

di aragoste, avocadi, spiagge, pellicani e altre amenità

Welcome to Antigua cari amici dei fornelli!
Mentre vi scrivo, nella baia di Half moon bay, i pellicani stanno pescando in gruppo. Il mare è delle mille sfumature del turchese e il rumore delle onde concilia la meditazione e il riposo. Se state già con la bava alla bocca maledicendo me e il vostro lavoro seduti in ufficio alla scrivania, vi consiglio di interrompere ora la lettura... Questo post nuoce gravemente alla stabilità emotiva!!!

Come da anni sostiene mio padre, per capire un popolo bisogna vedere che cosa mangia. E il modo migliore per comprendere le abitudini alimentari e la cultura locale (ma anche l'economia nazionale...!) è andare a farsi un giro al mercato. Così scopriamo frutti sconosciuti, verdure tubolari misteriose, facce e sguardi, sorrisi e voci. Il banco della frutta è una grande festa del gusto, dove possiamo dare libero sfogo alle nostre voglie esotiche di papaya o di mango, di avocado, guava e passion fruit, di sugarapple o di breadfruit. E poi ci sono le aragoste. Che qui crescono e prolificano come se fossero polli domestici. Basta considerare che un'aragosta appena pescata costa circa otto euro... Certo, non sono saporite come quelle del Mediterraneo (che per questioni di alta concentrazione salina rende ogni creatura marina più saporita) ma ci si avvicinano molto e se poi le mangiate in riva al mare, il piacere della carne soda si mischia alla bellezza del paesaggio regalandovi momenti di grande felicità.

Terra di sole e di mare, di papaye e di aragoste quest'isola è un gioellino della natura non solo per il candore delle sue spiagge di finissima sabbia bianca. Una volta presa confidenza con la temibile guida all'inglese, infatti, non c'è niente di meglio che lasciarsi coccolare dai sapori e dai profumi delle specialità locali, un connubbio di frutti e pesci dal nome esotico e dai colori sgargianti.
Purtroppo, la vostra sbadata cuoca ha dimenticato il cavo per scaricare le foto sul computer e quindi per vedere le meraviglie caraibiche dovrete attendere il mio ritorno.

E ora scusatemi, ma la spiaggia chiama e Claudia risponde :-)

mercoledì 16 novembre 2011

Gatò di patate. Variazioni sul tema.

Ovvero Esercizi di Stile con le patate. Perchè del Gatò è davvero possibile provare almeno 99 varianti sfiziose, una specie di reinterpretazione in chiave gastronomica del famoso testo di Raymond Queneau, pubblicato nel 1947 in Francia. E così, la banalità dello sformato di patate si trasforma in una divertente ricerca degli ingredienti più originali da mixare con coraggio e spirito di avventura, una sfida buongustaia a cui certamente non potevo sottrarmi...! Come nel libro, anche qui il nucleo centrale del piatto resta invariato (sempre di patate lesse stiamo parlando), ma la diversità dei gusti e l'eterogeneità dei sapori che si possono sperimentare fanno sì che il risultato finale sia completamente diverso dal punto di partenza. La versatilità del Gatò, dunque, va sfruttata e allora, mi sono detta, perchè non contribuire alla causa con una mia personalissima variante?!? Detto fatto...
   
Alla foce del post, per chi vuole, la terza parte della Saga del Paper (Qui la prima e qui la seconda.....)

Ingredienti per 4 persone:

600g di patate
due cespi piccoli di radicchio Trevigiano o di Chioggia
una scamorza
parmigiano
2 dl circa di latte caldo
pangrattato
una noce di burro
noce moscata
sale e pepe q.b.

Mettete a bollire le patate in una pentola con acqua fredda. Coprite e fate cuocere per una quarantina di minuti. Nel frattempo, lavate e tagliate a striscioline il radicchio eliminando il torsolo alla base. Fate sciogliere la noce di burro in una padella e stufate il radicchio a fuoco medio per una decina di minuti, salandolo. Tritate (al mixer viene meglio) la scamorzina. Sbucciate le patate e schiacciatele con il passapatate in una ciotola. Bagnate con il latte caldo aggiungendolo poco alla volta e inframmezzandolo con il parmigiano. Non deve venire troppo liquido, quindi occhio alla quantità... Aggiungete la noce moscata, il sale, il pepe, il radicchio e la scamorza tritata (se proprio vi sentite porche e non vi interessa l'aspetto vegetariano del piatto, aggiungete anche dei tocchettini piccini picciò di prosciutto cotto).


Imburrate una teglia da forno non troppo grande e cospargetela con il pangrattato. Versate il composto e livellatelo in modo da ottenere una superficie uniforme. Spolverizzate con altro pangrattato mischiato con il parmigiano (o con del prezzemolo) e guarnite con fiocchettini di burro (o un filo d'olio e.v.o.).


Infornate a 180°C per una quarantina di minuti (o fino a che non si sarà formata una crosticina scura e croccante). Togliete dal forno e servite caldo.



Saul osservava il nido che un ragno casalingo aveva tessuto nell’unico angolino buio della sua mansarda. Era una tela lucente e brillante, intricata e ben fatta. Un dedalo a prova d’insetto degno di rappresentare la capacità architettonica di quel peloso aracnide, il quale certamente l’aveva costruita con impegno, spremendo e torcendo il ventre, filando con le zampette le gocce appiccicose di bava. Avvolse il manico di una scopa con uno strofinaccio e cancellò d’un colpo la bella ragnatela. A lui piaceva solo l’Uomo Ragno e quella bestiolina aveva usato la mensola dei modellini come puntello per il suo nido. Non era stata una grande idea. Da buon nerd quale era non poteva permettere che zone limitrofe alla sua collezione di eroi Marvel venisse insozzata dalle secrezioni di una bestiaccia zamputa. – Mors tua, Vita mea – mormorò, gettando i resti del povero ragnetto nel cestino della carta.

La suoneria del cellulare proruppe improvvisa dalla tasca del piumino adagiato sulla sedia.

-      S..S..S..Saul, s..s..s.sono Pa.pe..pe..pe..per . M..m..m...mi serve una ma..ma..mano. Ved..vediamoci al Pi..pi..pi..picco tra ququ.qu..quaranta minuti. –
-      Ah Bello che si dice..?!? Io sto in una fase riflessiva lavativa, magari ti chiamo dopo eh.. Ma che ti è successo alla voce..? Parli come il tizio che fa Mr Bean..! –
-       Ca..ca..ca..cazzo. Muovi quel cu..cu..cculo a stecco e porta le tue chia..chiappe lì. Ab..b..b.bbiamo un lavoretto last mi..mi..minute da fare. E tu mi..mi..mi devi ancora un..n fa..fffavore. – 
-         OkyDoky Paperbello, basta che non ti incazzi.. Sarò da te in un lampo. –

Qualche quarto di orologio più tardi, al Picco, Paper spiegò a Saul il motivo di quella telefonata urgente.

-      Quindi fammi capire… Noi dovremmo entrare in un edificio che non conosciamo, fare fuori un tizio che non sappiamo manco chi sia in modo che sembri un incidente e uscire freschi freschi come un bocciolo di rosa, senza farci notare da nessuno? –
-          E..E..Esatt.. to –
-          E tutto questo perché una gnoccolona e il suo amichetto ti hanno chiamato per nome.. –
-          S..s..sì, v..vedo che il c..c…cervello t..t.i fu..fufufu..funziona ancora. –
-   Eh sono un uomo dalle mille sorprese io… Mi pare sia tu ad avere un problemino con il s..s..s..sonoro…!
-          Vaffanculo Saul.-
-          Ah vedi, questa ti è uscita bene! Senti Paperbello ci stiamo andando a infilare in un grande grande ma grande bordello.  Tu lo sai, io sono con te sempre, sei praticamente il fratello che non ho mai avuto e che francamente manco volevo, però sento puzza di rogne, una gigantesca, rognosissima rogna…  Spero almeno tu abbia una qualche idea su come venirne fuori… –
-         Coco..co..come Bbb..bb..batman, n..no?.. T..tteatralità e ing.ganno. –

Nell’appartamento al 458 di Chesterfield Avenue, Jimmy T. Gamble giocherellava con un bicchiere di scotch comodamente seduto alla scrivania che fronteggiava la grande vetrata dello studio. Dagli schermi del suo computer, grafici colorati e frecce vettoriali puntavano tutti in direzione del cielo mentre gli indici di Borsa della sua giovane impresa si drizzavano a ritmo serrato, sferzati al rialzo nell’attesa della presentazione che il giorno dopo avrebbe tenuto alla Fiera Internazionale dell’Ortaggio. Un nuovo prodotto, un’idea rivoluzionaria che aveva lasciato senza parole quei capoccioni dell’ufficio marketing e che presto lo avrebbe lanciato nel gotha dell’imprenditoria agricola, alla facciaccia dei suoi principali concorrenti. Un’invenzione unica nel suo genere, destinata a farlo diventare così tanto ricco da mettergli i brividi per il piacere. L’insalata del desiderio, la lattuga delle meraviglie, la foglia giusta per il palato giusto. In pratica, una gallina dalle uova d’oro che avrebbe becchettato quote di mercato sempre maggiori nelle aie delle multinazionali alimentari.
Attraverso una complicata operazione di ingegneria genetica e applicazioni nanotecnologiche d’avanguardia, Jimmy era riuscito a brevettare un sistema di modificazione degli impulsi nervosi adattivo, una specie di piccolo virus biotecnologico in grado di introdursi nella corteccia cerebrale del soggetto attraverso il contatto con le mucose presenti sulle papille gustative e di modificare il gusto del radicchio fin dal primo morso, rendendolo più o meno sapido, dolce, amaro, fragrante, in funzione del tipo di saliva e del gusto personale. 

Uno slogan accattivante, qualche partita di golf nei circoli giusti per raccattare un paio di finanziatori decenti e una bella botta di culo avevano fatto il resto, portandolo adesso dove si trovava, sulla cima del mondo, nel suo appartamento privato al 47° piano di una delle zone più chic di tutta New York City. Il radicchio sarebbe stato solo l’inizio. Stava per inaugurare una nuova era nella produzione industriale delle insalate e poi chissà, un domani avrebbe potuto conquistare anche il mercato del grano, delle mele, delle patate e della soia. Le potenzialità applicative di quella striscia di codice genetico mutante erano pressoché illimitate. Bevve un altro sorso di scotch, si pulì le labbra umide con il dorso della mano e si alzò per andare a vedere chi diavolo stesse bussando alla porta.

domenica 13 novembre 2011

Risotto zucca e gorgonzola.

Al Gran Consiglio delle Cucurbitacee, l'atmosfera era carica di tensione. Lungo il tavolo scuro, le Onorevoli ZuccheMinistro, espressione democratica degli ortaggi di stagione, continuavano a scambiarsi sguardi nervosi, in attesa che il Presidente del Consiglio, Zucca Pelata, esponesse loro la situazione. Sui mercati internazionali, i cavoletti di Bruxelles, i crauti di Bonn e i ravanelli parigini spingevano affinchè l'Orto italico prendesse decisioni rapide e incisive per fronteggiare la crisi dei vermetti, che ormai da qualche tempo metteva in difficoltà tutte le economie degli orti comunitari. La scarsità di vermetti nei terreni, infatti, toglieva ossigeno alle verdure, rendeva la terra dura e asfittica e le riserve statali non erano più in grado di far fronte alle richieste di concime. 
Zucca Pelata le aveva provate tutte per risollevare le sorti del proprio Orto: battute esilaranti, il suo famoso savoir faire e un tocco di machismo non erano tuttavia serviti. Alla situazione esterna già di per sè estremamente preoccupante, si erano aggiunti gli scandali interni, sobillati da maldicenti rape bolsceviche e portati avanti nei tribunali occupati dai famigerati peperoni rossi. Una vicenda di adescamento di bruscolini, zucche minorenni ma sode che lo avevano accusato di aver subito delle avances presso la sua residenza ufficiale, lo aveva definitivamente affossato, privandolo del bel pigmento arancione che ne aveva da sempre caratterizzato la polpa. Il colpo di grazia era arrivato quando un drappello di zucchine verdi lo aveva tradito sugli scranni parlamentari.
- Carissimi Colleghi, l'era delle Zucche termina oggi. Rassegnerò stasera le mie dimissioni e lascerò al Presidente della Repubblica dell'Orto il compito di formare un nuovo governo - Disse Zucca Pelata.
Un fremito di paura percorse la scorza bitorzoluta degli ZuccaMinistri. - E adesso? Chi ci guiderà? Come potremo continuare a curare i nostri orticelli personali?? - chiesero gli Onorevoli in coro. All'improvviso la porta della Sala iniziò a vibrare violentemente e si spalancò. L'ombra del grande Cetriolo calò sulle teste attonite dei Ministri. Subito zittiti dalla caratura internazionale di questo cetriolone, le Zucche iniziarono a tremare di spavento. A chi sarebbe toccato per primo?

Come dice la mia amica Angie, speriamo che da oggi le zucche siano solo nel risotto e mai più nel governo!!! E speriamo che questo bocconiano in arrivo prenda provvedimenti equi e giusti, perchè è vero che tanto a chi tocca n'se ngrugna però dipende pure dalle dimensioni e ho il sentore che questo sarà un grande cetriolone.... :-)

Ingredienti per 3 persone:
400 g di polpa di zucca
100g di gorgonzola piccante
due pugni di riso a testa + uno per la pentola (in questo caso, 7 pugni)
uno scalogno
un mazzetto di prezzemolo
una cipolla un sedano una carota e un chiodo di garofano per il brodo
una noce di burro
parmigiano
un dito di vino bianco
sale e pepe q.b.

Mettete su il brodo come spiegato nella ricetta dello Stinco .
Tagliate a rondelle sottili lo scalogno e fatelo stufare dolcemente in una pentola con la noce di burro. Tritate al mixer la zucca e aggiungetela allo scalogno, sfumate col vino, salate  pepate  e lasciate cuocere a fuoco medio per una decina di minuti.




Versate il riso e girate per far insaporire. Aggiungete via via mesotlini di brodo caldo finchè il riso non sarà al dente. Tagliate a pezzetti il gorgonzola, spengete il fuoco e mantecate il gorgonzola al risotto. Aggiungete il prezzemolo tritato e una macinata di pepe. Coprite e lasciate riposare due tre minuti. Servite caldo caldo.

venerdì 11 novembre 2011

Stinco di Santo

Nel mio immaginario, una stanzetta disordinata dove creature fantastiche e mirabilia concettuali fanno capolino da scaffali sgangherati, il maiale è un animale simpatico tutto rosa e con un riccioluto codino. A causa di un sincretismo culturale probabilmente generato da una esposizione prolungata ai cartoni della Disney, associo i maiali ai bufali, animali sacri per i nativi americani. Dei quali - Balla coi Lupi insegna - non si buttava via niente. Questi bovini dell'ovest entravano completamente nel ciclo di vita della tribù: dalla pelle alla lingua, dalle ossa alle unghie, tutto veniva trasformato e convertito in energia e oggetti, in archi frecce e indumenti, contribuendo così alla prosperità di quei popoli. Un po' come i maiali nostrani. Magari meno esotici ed evocativi rispetto ai cugini d'occidente, ma ugualmente fondamentali per il sostentamento di noi gente italica. Non si butta via niente del maiale, neanche un pelino. Ci facciamo i pennelli, la cera, il grasso, l'arrosto e ogni tanto pure qualche film.

Il bufalo e il maiale sono entrambi animali totemici, vi si affidavano i destini e le preghiere dei sacerdoti e dei guerrieri nei villaggi e nelle praterie. Un po' come si fa con i santi. Che mica li mettiamo nel cassonetto dell'umido.No, diventano venerabili reliquie. Ora, cosa differenzia uno stinco di maiale da uno stinco di santo..? A parte l'odore...? Naturalmente, la giusta quantità di paprika.


Ingredienti x 2 persone:

Uno stinco di maiale del macellaio (probabilmente non ce l'ha così su due piedi, lo dovete ordinare quindi scrivetevi un post-it e ricordatevi di chiederglielo in anticipo. Quando lo avrete in mano non spaventatevi, la  classica forma "a cosciotto" che siamo abituati a vedere comparirà solo a fine cottura...!)
4 carote, 4 coste di sedano, 2 cipolle bionde
un barattolo di paprika
un cucchiaino e mezzo di zucchero di canna
timo e alloro (io non ce l'avevo ma era buono lo stesso..)
un chiodo di garofano per il brodo
un pezzetto di burro
olio e.v.o. e sale q.b

Iniziamo dal brodo. In una pentola versate 2,5 litri d'acqua, aggiungete una carota pulita divisa a metà, le coste di sedano, la mezza cipolla e il chiodo di garofano. Fate bollire per circa una mezzoretta a fuoco basso e col coperchio, poi salate, togliete il chiodo di garofano e spegnete.


Preparate le verdure rimaste a pezzettoni e in una casseruola, meglio se a pianta ovale, versate dell'olio d'oliva. Massaggiate lo stinco con una miscela di timo e sale e fatelo rosolare assieme all'alloro finchè non avrà preso colore. Toglietelo dalla casseruola e aggiungete al fondo di cottura un pezzettino di burro. Versateci le verdure a pezzi, una generosissima dose di paprika e lasciate stufare per una quindicina di minuti.


Rimettete lo stinco nella pentola, versate qualche mestolino del brodo, aggiungete lo zucchero di canna e abbassate la fiamma al minimo. Fate cuocere almeno un paio d'ore e bagnate di tanto in tanto la carne con il brodo.Togliete l'alloro. Con un frullatore ad immersione, frullate i due terzi del fondo di cottura e rimettetelo nella pentola, aggiungete alla bisogna un altro mestolino di brodo e fate cuocere un altro pochino.
Servite caldo con la sua salsina e se proprio volete strafare, la morte sua è col purè :-)

domenica 6 novembre 2011

Gli gnudi

Sebbene il nome del piatto di oggi possa far pensare male alcuni dei miei lettori più maliziosi, questa ricetta non ha niente a che vedere con il cinema erotico, quello a luci rosse o po porno...! Gli gnudi non sono nè due amanti alla Paolo e Francesca sorpresi ad arrovellarsi nel letto da un marito ignaro e geloso nè due protagonisti d'ispirazione shakespeariana, travolti da una impetuosa libido e resi schiavi della loro passione. No, miei cari furbetti del buco della serratura, gli gnudi non sono altro che il ripieno del raviolo ricotta e spinaci cotto in acqua bollente e ripassato burro e salvia in padella, con una generosa spolverata di parmigiano reggiano. Anche se non si tratta di quella dispensata dal Dio Eros, vi assicuro che la goduria generata da un boccone di questa leccornia potrebbe farvi ridiscutere la vostra scala di misurazione del piacere...!

Il secondo episodio della saga del Paper lo trovate alla fine. Questa volta manca il riferimento al piatto, ma sapete com'è, quando il fuoco sacro della Musa ti investe, non le si può mica dire eh no guarda aspetta n'attimo che ora non c'ho la ricetta giusta...! Nel racconto c'è anche una piccola citazione cinematografica.. Chi la indovina per primo vince un BRAVO....!

Ingredienti per due persone:

una busta di spinaci freschi
150g di ricotta di mucca
100g di parmigiano
1 uovo
farina
noce moscata
burro
un rametto di salvia
pepe macinato fresco

Tuffate gli spinaci in poca acqua bollente e lasciateli cuocere per circa dieci minuti. Scolateli e lasciateli freddare. Strizzateli forte forte forte, prendendoli a piccoli mucchietti, in moda che siate sicure di aver eliminato la maggior parte d'acqua. Tritali con un coltello e metteteli in una ciotola.


Aggiungete la ricotta, l'uovo, il sale, il pepe, un cucchiaio di farina e il parmigiano. Impastate fino a che il composto non sarà omogeneo e ben amalgamato. Deve rimanere un po' duro, quindi se vi sembra troppo molliccio, aggiungete altro parmigiano o altra farina.


Prendete un po' dell'impasto e formate con le mani delle pallette non troppo piccole, infarinatele leggermente e mettetele in un piatto.


Mettete una pentola con abbondante acqua sul fuoco e quando bolle per bene buttate le pallette. Con una schiumarola smuovete delicatamente gli gnudi dal fondo ed aspettate che vengano a galla. Una volta in superficie, scolateli sempre con la schiumarola e ripassateli a fiamma decisa in una padella dove avrete precedentemente sciolto il burro con la salvia. Spolverate con altro parmigiano e......

Son Gnudi a Tavola!!!!!

"Corre corre il buon postino
lungo i colli e nel giardino,
corre e salta in bicicletta,
senza mai cambiar maglietta.

Nella sacca ben pressata
c'è la posta di giornata:
la vecchina al davanzale
attende curva il suo giornale,

La signora sulla porta
vuol spedire la sua torta,
il bambino in ospedale
scrive auguri per Natale.

Tutti quanti son di fretta
che il postino non aspetta.
Corre corre, in su e in giù
ma non salta mai un igloo."

Per la decima volta Paper mormorò quella stupida filastrocca. Si stava lentamente calmando, recuperava lucidità ad ogni rima, scalava un battito per ogni minuto. Finalmente riuscì ad alzarsi, saldò il conto e ci aggiunse venti dollari di mancia. Un po' troppo rispetto al classico dieci per cento ma non era certo il caso di formalizzarsi con il cameriere di Joe Shangai. Allungava volentieri quel paio di banconote in più, erano un ottimo sistema per tenergli al guinzaglio la lingua, soprattutto oggi dopo quell'incontro allucinante.
E così qualcuno aveva parlato. Qualcuno che lo conosceva bene, una persona di cui si fidava, a cui aveva confidato tranci interi del suo passato. Che adesso erano esposti come tonni in vendita sul banco del pesce. La cosa lo infastidiva. La cosa lo faceva veramente incazzare.

Una volta uscito dal locale accese una sigaretta. Ci mise solo quattro secondi per comporre il numero.
- A...A...Accetto - disse
- Bene Alex, sapevo che saresti stato della partita. Il tuo pacco si troverà tra quattro ore esatte al 458 di Chesterfield Avenue, tra la Cinquantaquattresima e la Terza. Ricordati che non vogliamo nè casini nè riflettori quindi cerca di fare una cosa pulita. -    
- Ehi A...A....Aspett... -
Click. Cazzo. 

Un uomo. Uno con il tono di chi comanda. Uno schifoso bastardo che presto avrebbe sputato fino all'ultimo dente. E lui aveva fatto la figura del fesso con quella sbavatura nella voce, quell'accenno di esitazione. Con orrore si accorse che la disfunzione del linguaggio, la sua balbuzie, era tornata dalle sabbie mobili della memoria assieme al suo vero nome. Alex. Come un fantasma che esce all'improvviso da una vecchia soffitta, alzando nuvole di polvere tutt'intorno mentre scuote le sue mute catene.

La rabbia lo avvolse con foga di drago. Corse veloce lungo la strada, tirando i muscoli sino al limite dello spasmo, i polmoni come mantici impazziti soffiavano aria dentro e fuori, garantendogli il giusto scambio osmotico, l'affluenza continua di ossigeno al cervello. Doveva recuperare la propria freddezza, quella patina di indifferenza che lo aveva reso impermeabile all'altalena della vita, l'essenza del Paper così diversa da quella di Alex: in grado di farlo sopravvivere, che si nutriva di tutte le sue paure ed emozioni. Un alter ego artificiale quanto provvidenziale, un bozzolo filato con cattiveria e distacco che aveva protetto il baricentro del suo vero io. Finora.

Adesso si era smarrito. Smarrito per davvero. Cercò la fermata della metro più vicina per orientarsi. Dal punto in cui si trovava ci sarebbero voluti circa 35 minuti per tornare a casa. Rimanevano poco più di due ore per pianificare il lavoro. Era una follia. La vocina razionale dentro di lui lo invitava a non proseguire, a non rischiare la pelle per un'oncia d'orgoglio e una manciata di dollari. Non conosceva i dettagli dell'azione, non aveva studiato il campo da gioco, nè pianificato l'attacco. Non sapeva nulla del suo bersaglio. E doveva sembrare un incidente. Tanto valeva concludere subito le ostilità e sventolare bandiera bianca, arrendersi ai cow boy e consegnare arco e frecce, arrivederci e grazie, saluti e buone cose, piacere di avervi conosciuto. Ma lui alle vocine razionali non aveva mai dato molto retta. Gli stavano antipatiche, tutte di piene di saggezza take away da due spicci. Le cose erano più complicate di così. Se avesse mollato, non sarebbe stato in grado di contattare nuovamente quell'uomo. E non avrebbe mai saputo come era venuto in possesso di quel nome e chi glie lo aveva fornito. La faccenda andava portata avanti. Bisognava scoprire e poi eliminare l'usignolo che aveva cantato. Quello di cui aveva bisogno era un aiuto. Di quelli grossi, muscolosi e folli. Una mano subito e in fretta. E c'era una sola persona tanto sciroccata da farsi trascinare in una pratica pasticciata e con un forte puzzo di morto come questa. Saul. Aveva bisogno di quel bastardo figlio di puttana di Saul.

Saul e Paper si erano incontrati la prima volta nel distretto di polizia di Queensboro. A quei tempi per avvertire l'avvocato si usava ancora il telefono a gettoni, "Like a Virgin" era la hit del momento e lui e Saul dividevano la stessa cella di sicurezza, in attesa di essere interrogati da un poliziotto ciccione a cui il distributore di ciambelle sembrava aver rubato l'ultima monetina. Uh se era incazzato quello sbirro unto e arteriosclerotico, sembrava una grossa foca a cui un addestratore sadico aveva nascosto il giochino preferito. Dalle narici porose gli colavano leggeri rivoli di sudore ed emetteva un muggito sommesso ogni volta che cercava di infilare il grasso braccio nello sportello della macchina, tentando di raggiungere l'agognato dolcetto.  Dalle sbarre della cella, Saul aveva cominciato a prenderlo per il culo dopo pochi minuti facendogli notevolmente aumentare la pressione sanguigna. Almeno a giudicare dalle dimensioni della vena che pulsava frenetica su quella calva tempia rosa. 

- Ehi cicciabomba, troppi cioccolatini eh?!?! Ma quella mongolfiera nera che vedo è il tuo culo o la galassia di Orione?!?! Aspetta aspetta, ho capito ti sei travestito da Michael Moore per Halloween e la tua donna ti ha detto Amore mi fai arrapare tantissimo così ciccioneintelluttale e non ti sei più tolto il costume?!? Auhuaauhahauahauauaaahahahah-  - Adesso vi faccio ridere davvero a voi due mezzeseghe - aveva risposto il poliziotto grasso. Chiamando in supporto un paio di nerborutipernientegrassimainvecemoltogrossi fautori della legge e dell'ordine, la foca gigante li aveva ripetutamente, prolungatamente e generosamente fraccati di botte per tutta la notte.Il giorno dopo, quando l'avvocatessa di Paper si era degnata di venirlo a tirare fuori dalla gattabuia, lui stesso le aveva chiesto se poteva occuparsi anche del caso di Saul. Una cosetta dovuta ad una disdicevole incomprensione con il proprietario di un'auto rubata che sosteneva di aver riconosciuto in Saul il malvagio malfattore. 

In quel momento, Paper non sapeva di aver gettato le basi di una lunga e prolifica collaborazione criminale, fatta di colpi favori sbronze e scopate. Una corsa al massimo lungo i viali della malavita dove non ci si allacciano le cinture e non ci si ferma per far attraversare le vecchiette, una fuga rombante in moto, che alla lunga li aveva fatti diventare qualcosa come amici.(Continua....)


mercoledì 2 novembre 2011

Farrotto rosso con funghi porcini

Il farrotto è una rara bestia autunnale, che esce fuori dalla sua tana quando nell'aria sente odore di terra e foglie bagnate. Il farrotto non è un risotto ma ci assomiglia, non è zuppa ma neanche pan bagnato. Il farrotto è un ibrido, un piatto insolito che sprigiona il suo potenziale quando incontra i funghi, amici fraterni di stagione. Il farrotto assieme ai funghi gioca nei boschi, si sporca di rosso pomodoro e torna a casa più felice di quando è uscito.  Il farrotto si mangia in autunno, quando le foglie cadono e un manto giallo rosso e marrone ricopre le strade prima dell'inverno. Il farrotto si mangia caldo. Al farrotto piace il vino rosso, ma non disdegna un buon bicchiere di birra cruda. Il farrotto non esiste sulla carta ma c'è nella realtà. Il farrotto non è nè spirito nè carne, il farrotto è un'idea. Il farrotto pensa, dunque è.

Questa è una ricetta ereditata dalla mia cara mamma, che una volta lo fece per gioco, senza sapere a quale creatura stava dando vita. Questo Frankenstein de' Noantri sprizza gusto da tutti i pori ed è una notevole, scicchissima alternativa al classico risotto coi funghi. Certo, necessita di almeno un'oretta di cottura, ma d'altronde, Roma non è stata costruita in un giorno....

Ingredienti:
500g di farro
2 latte di polpa di pomodoro
50g di funghi porcini secchi (mi raccomando, di quelli buoni che quando si riprendono tolgono il respiro dal profumo..)
un sedano, due carote e una cipolla (o uno scalogno, fate vobis)
olio e.v.o. e sale q.b.

Pulite e lavate le carote, il sedano e la cipolla. Fate un trito fino fino e mettetelo a soffriggere in una pentola. Mettete i funghi in acqua calda per una decina di minuti, in modo che rinvengano.


Una volta pronti, riduceteli in pezzi un po' più piccoli e aggiungeteli al soffritto. Salate. Lasciate insaporire qualche minuto e aggiungete il farro, che avrete precedentemente sciacquato per benino.

Mescolate e versate l'acqua dei funghi, aggiungete la polpa di pomodoro. Riempite d'acqua una delle due latte e aggiungetela al farro.  Coprite con un coperchio e abbassate la fiamma. Ora occhio, perchè se ogni quindici minuti non lo controllate, si attacca e si brucia. Il farro ci mette circa quaranta minuti per cuocere, ricordatevi di aggiungere altra acqua (o brodo vegetale caldo) se si asciuga troppo (ma senza esagerare, perchè non è una zuppa. Più o meno è la stessa tecnica del risotto, quando l'acqua viene assorbita, ce ne rimetto un po' fino a completa cottura).

Attenti agli gnomi che ne vanno ghiotti!