lunedì 5 dicembre 2011

L'Aragosta di Cleveland

Cari amici dei fornelli, post a profusione!!! Sarà che il freddo locale mi stimola le meningi, sarà che mi siete mancati, sarà la voglia di condividere i piatti esotici che ho assaggiato in questo breve periodo vacanziero, eccomi di nuovo qui con una ricetta da veri gourmand!!!
Ma prima di passare ad illustrarvi i passaggi per la realizzazione di questo magnifico manicaretto permettetemi un breve ringraziamento. Eh sì, un grazie speciale al nostro amico Cleve, senza di lui nessuno di noi avrebbe avuto il piacere di mangiare queste meravigliose aragoste! Già, perchè è vero che sono buone, ma ve le danno vive e non è facile dare l'estremo saluto a queste Pizzicotte atlantiche...! La maniera migliore per farla finita è gettarle nell'acqua bollente, ma questa semplice operazione ha due controindicazioni di non proprio facile superamento:

1) le devi prendere in mano, sono brutte, con le zampe pelose ed hanno delle specie di affilatissimi denti che possono tranquillamente tranciarti un dito (no, non con le chele, sono proprio piccole "lame" alla base della coda...)
2) Se non fai attenzione e non le butti in pentola con una certa tecnica, piangono strillano e si agitano. Con i colpi di coda sono in grado di rovesciarti il pentolone d'acqua bollente addoso.

Nel vano tentativo di trovare una soluzione a queste due problematiche, ho visto scene incredibili: al primo posto nella classifica delle tecniche più esilaranti per uccidere queste bestioline, imperituro nella memoria, il ricordo di mio cugino Pitòn e di mio padre che inseguono un'aragosta con un machete conficcato nel guscio per tutta casa. Al secondo posto, la strategia del "Congelala così almeno non piange". Sì, ottima. Ma comunque le devi prendere in mano...

Davvero Thank you, Cleve per aver fatto il lavoro sporco!

PS: ai piedi del post, il quarto episodio della saga del Paper.

Ingredienti per due persone:
due aragoste vive
4 patate bollite
olio, sale, pepe e limone
una cucchiaiata di guacamole per guarnire

Allora, portate ad ebollizione un pentolone pieno d'acqua. Coprite con il coperchio e salate. Prendete l'aragosta in modo da bloccargli la coda e facendo attenzione ai dentini posti in cima ad essa. 

 

Gettatele nell'acqua bollente e chiudete rapidamente con il coperchio. Aspettate qualche minuto, fino a che smetterà di agitarsi. procedete con l'altra aragosta. Lasciate cuocere fino a che, da rosso, il guscio non diventerà arancione. A questo punto (circa dieci/quindici minuti) toglietele dalla pentola. Tagliate via le antenne e le zampe (non buttatele via: rompete il guscio con le mani e succhiate l'interno) Con un bel coltellaccio pesante, partendo dalla coda, tranciatele in due. Con un cucchiaino iniziate a togliere il liquido beige e il filamento dell'intestino. Potreste sciacquarle sotto l'acqua (fate prima e pulite meglio) ma perdete un po' del sapore. 


A questo punto impiattate, aggiungendo le patate bollite a pezzetti e il guacamole. Condite il tutto con olio sale e limone e largo al Sapor dei Caraibi :-) 

Un consiglio: per rompere le antenne e mangiare la carne all'interno, dotatevi di uno schiaccianoci o dell'attrezzino specifico per crostacei!

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Saul sembrava proprio il classico immigrato messicano venuto a pulire gli androni di quel lussuoso condominio americano: con quello sguardo remissivo e il naso un po’schiacciato, le mani tozze aggrappate al carrello delle pulizie, una tuta da lavoro che  lo faceva assomigliare al fratello tisico di Super Mario Bros. Assolutamente indistinguibile in mezzo alla miriade dell’anonima forza lavoro che frequentava il palazzo. Entrò dall'ingresso principale senza nessuna esitazione. Il portiere dello stabile lo degnò dello stesso interesse che si riserva ad una mosca ronzante su una cacca di cane. 

Paper era nascosto nel secchio dell’immondizia installato sul carrello. Corre corre il buon postino, Lungo i colli e nel giardino. Corre e salta in bicicletta, Senza mai cambiar maglietta. Etc. etc. Era nervoso. Non aveva ancora avuto il tempo di riflettere lucidamente sugli ultimi accadimenti e lo shock per il ritorno della balbuzie lo aveva turbato più di quanto egli stesso non avesse creduto. Era stato così facile incrinare lo strato di distacco che come un ghiacciaio aveva ricoperto per anni il suo io più profondo?  Dalle crepe del permafrost identitario in cui aveva vissuto iniziavano a venire a galla i ricordi  della sua vita precedente, quando non era altro che un ragazzino timido a cui  qualche bulletto rubava i soldi della merenda o buttava i libri nel cesso. La odiava quella fase del suo passato, disprezzava l’essere stato lo sfigato della scuola che a causa della sua disfunzione e dei suoi modi delicati veniva deriso e isolato dagli altri. Persino i ciccioni brufolosi si sentivano tranquilli a prenderlo per il culo. Solo perché andava dal logopedista non voleva dire che era un fallito, né un perdente.
E poi un giorno era successo. Tutto il rancore e tutta la rabbia accumulata fuoriuscirono improvvisamente e lui ricordava di aver preso il revolver del padrino, di averlo caricato, di averlo puntato. Un solo colpo, dritto in testa. Bye bye testa di cazzo. Valle a fare con tua madre all’inferno quelle schifezze con la bottiglia. 
Il parroco del quartiere lo aveva fatto uscire di corsa dal Paese, imbarcato sotto falso nome su un mercantile diretto in Italia, ospite di alcuni lontani parenti siciliani che lo avevano accolto e gli avevano insegnato un mestiere. Era divenuto un killer. Era tornato come il Paper. Con tanti saluti al povero Alex.

Quando aprì la porta al ragazzo delle pulizie, Jimmy T. Gamble non sapeva che sarebbe morto nel giro di dieci minuti. Paper saltò fuori dal secchio e con un repentino guizzo delle mani lo afferrò tra il collo e l’incavo della spalla, un mossa da far invidia a Chuck Norris in persona. Mr. Gamble svenne immediatamente tra le braccia pronte di Saul, che lo trascinò al centro dell’ingresso, sul lussuoso tappeto che impreziosiva la stanza. 

-         E adesso, Steven Seagal dei quartieri poveri? Che facciamo..?? Gli chiediamo gentilmente di morire in modo accidentale?
-         Z…z.zi..tto..to.. Sto pepepepe..pensando.. –

Paper si guardava intorno alla ricerca di qualche oggetto che potesse fargli venire uno straccio d’idea. La bottiglia di scotch poggiata in bella mostra sul mobile bar dello studio catturò la sua attenzione. Sì, avrebbe anche potuto funzionare. Chiese a Saul di spostare il corpo del bell’addormentato, gettò il liquido ambrato sui vestiti di Jimmy e ne versò un’altra generosa dose sulle carte disposte in pile ordinate sulla scrivania. Si accese una sigaretta, fece un tiro profondo, sputò diversi anelli di fumo e con studiata lentezza gettò il fiammifero sopra quella pira improvvisata.  

-          Un po..p..p…po’ di fu..fu..fumo e poi… ll..l.l’arrosto! –  
-          Sbrighiamoci a uscire. Qua la fine dell'arrosto la facciamo pure noi… - 
-          Mmm..mi è ve..ve..vvvenuta fa..fa.fame.. –
-          Andiamo a farci un hamburger da Smilin'.. - 

Saul prese il carrello delle pulizie e aiutò Paper a recuperare l’invisibilità sistemandolo nel secchio della spazzatura mobile. Mentre uscivano attraverso le imponenti porti girevoli del palazzo, l’allarme antincendio cominciò ad urlare. Teatralità ed Inganno. Si mischiarono veloci alla marea umana che a quell’ora inondava la Terza strada, diretti verso il fast food più "friendly" che avesse mai aperto nella Grande Mela.

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