venerdì 28 ottobre 2011

La carbonara "gialla" dello Cheffalitico


Ahhh, la carbonara dello Cheffalitico. Una vera prelibatezza per pochi eletti. Io non sono un'amante di questa pasta, ma devo dire che come la fa lui è più buona che in molti ristoranti. Certo, magari la prossima volta cerco di fargli trovare gli ingredienti giusti. E magari la prossima volta lo Cheffalitico si fiderà del mio consiglio sulla quantità di spaghetti da buttare giù... Comunque, alla fine ci siamo divertiti....!!! Sono quelle serate con gli amici, quelli vecchi e quelli nuovi, dove c'è un gran casino e tutti condividono l'attesa del piatto, magari bevendo una buona bottiglia di vino (Ma anche due....)


Allora, prima che mi sommergiate di insulti e improperi, fatemi dire che esistono diverse scuole di pensiero sulla carbonara: c'è chi ci mette la cipolla, chi l'aglio, chi niente, chi la panna, chi il latte, chi la vuole nera di pepe, chi assiste spaesato all'eterna lotta tra il rigatone e lo spaghetto, etc.
Il mio amico Cheffalitico la fa così:

giovedì 27 ottobre 2011

Come ti riciclo il broccolo...

Il broccolo, si sa, è croce e delizia per una casalinga sulla via della disperazione come la sottoscritta. In primis, perchè quando l'hai cucinato l'odore si sparge non solo per casa, ma per tutto il condominio. Non basta l'annuale scorta di deodoranti per ambienti a mandarlo via, si insidia nelle narici e non lo levi più. In secundis, è delizia perchè ha un sapore deciso ma al contempo assai versatile e dunque si presta benissimo a diversi miscugli ed esperimenti. Quando te ne è avanzato un poco, ci si può arrischiare nella sperimentazione di paste, risi e sformatini. Siccome del broccolo con le arance me ne è rimasto un po' sul groppone, sarà il caso di provare a sfruttare appieno le potenzialità di questo ortaggio, già ampiamente bistrattato dalla lingua italiana e retrocesso a sinonimo di imbranato, (Ma che broccolo che sei, Sei un broccolo, Non fare il broccolo etc.)

Noi della Lega per la Difesa e la Dignità del Broccolo (LDDB) ci adoperiamo affinchè si ristabilisca e si ripristini l'onore e il rispetto verso questo ortaggio! In particolare se comincia a rattrappirsi e a chiedervi di chiudere la porta quando quando avete finito di armeggiare con la birra..

Ingredienti:
gli avanzi del broccolo
una salsiccia ( odella pancetto, o anche niente che viene buono lo stesso)
200g di pasta (io ho usato le trofie)
un cucchiaio di senape (io c'ho quella in grani...)
uno spicchio d'aglio

Mettete a bollire l'acqua per la pasta. In una padella, fate rosolare uno spicchio d'aglio in camicia (non sbucciato). Fate a pezzetini la salsiccia (che io avevo precedentemente lessato, in modo da sgrassarla un po', ma potete anche farla cuocere direttamente nella padella) e aggiungete il broccolo con le arance avanzato. Aggiungete un cucchiaio di senape in grani e mezza tazza d'acqua. Coprite con un coperchio e fate cuocere a fuoco medio una decina di minuti, mescolando di tanto in tanto. Una volta scolata la pasta, ripassatela nella padella con il condimento. Aggiungete un filo d'olio e servite caldo.

Les jeux sont fait ;-)

martedì 25 ottobre 2011

Minestra di lenticchie

Cari amici della parannanza, oggi niente storie letterarie ma una ricetta che per bontà e tradizione si racconta da sola. La minestra di  lenticchie è infatti un piatto di antichissimo retaggio, che mette allo stesso tavolo giovani e meno giovani grazie a quel gusto inconfondibile e al calore corroborante, perfetto in questi primi giorni di inverno vero, uggioso e umido.

La zuppa di lenticchie mi fa pensare alla vita nei monasteri, ai riti dei conventi, alla spiritualità degli eremi. Ai refettori, ai padri cappuccini disposti tutti intorno ai lunghi tavoli, in semicerchio che pregano a mani giunte, sottovoce, gli occhi bassi nascosti nelle cappe dei loro sai scuri. I cucchiai branditi come spade contro il silenzio del digiuno sopportato e finalmente concluso. La zuppa di lenticchie nel piatto di legno che emana sbuffi di fumo bianco a contatto con il gelo e l'austerità della stanza, le conversazioni sommesse dei confratelli felici di condividere un umile ma onesto piatto di minestra. E che minestra!

Ma basta! Ho promesso.. Niente derive nell'universo del racconto, nessuno sconfinamento dall'argomento principale, off topic no grazie.

Una volta che avete la vostra zuppa, provate ad aggiungerci del riso, garantisco.. è un binomio vincente!!
Fatemi fare una precisazione. Per quanto io ADORI i piatti vegetariani, questo non è uno di quelli. Nel senso che, a dispetto del nome, la minestra di lenticchie necessita di un apporto di maiale... Questo è il trucco delle meravigliose zuppe di legumi (pasta e ceci, pasta e fagioli etc.) che mangiamo nelle osterie di un certo livello. Non si fanno miracoli. Il guanciale è davvero l'ingrediente segreto.

Ingredienti:
500 g di lenticchie di Castelluccio o di Onano
3 gambi di sedano
4 carote
1 cipolla
200g di passata di pomodoro
50g di guanciale
2,5 litri d'acqua calda
olio sale e pepe

Lavate e pulite cipolle carote e sedano. Preparate un trito non troppo fine e soffriggete in una pentola con un poco d'olio. Una volta imbiondito, aggiungete il guanciale e fatelo rosolare per bene. Aggiungete le lenticchie che avrete precedentemente lavato e mescolate. Mettete a scaldare l'acqua e una volta che avrà raggiunto il punto di bollitura, versatela nella pentola con le lenticchie.


Abbassate la fiamma, pepate, coprite e lasciate cuocere per almeno un'ora. Una volta cotto lavorate le lenticchie con un passaverdure di quelli antichi a manovella e raccogliete la purea nella pentola della minestra.


Togliete il guanciale. A seconda della consistenza (più o meno densa) lasciate evaporare l'acqua o aggiungetela. Salate. Servitela calda con una guarnizione di fette di pane tipo Lariano abbrustolite e un filo d'olio e.v.o.
Buona Lenticchia :-)

sabato 22 ottobre 2011

Broccolo romano con acciughe, arance e olive nere

Samir non contava le cassette di plastica ammucchiate al limite del campo di arance. Per lui, cresciuto nel bel mezzo di una terra brulla e spaccata dal sole, lo spettacolo delle chiome verdi e folte che si stendevano fino a tuffarsi nel mare era la conferma che il buon Profeta non poteva essersi sbagliato. Ombrosi e freschi, gli alberi dai grossi frutti arancioni apparivano come il segno luminoso dell'esistenza di un Dio buono e giusto, attento ai bisogni delle sue fragili creature. Era la prima volta per Samir. Il suo battesimo del campo. Ed era contento, perchè quando il capo aveva accostato il suo furgoncino alla piazzola dove aspettava insieme agli altri suoi connazionali, tutti uomini grandi e forti, tutti in silenzio e in attesa di un cenno, lui era stato fra i primi ad essere scelto. Certo, a voler essere davvero onesti, non è che poi gli altri avessere una così gran bella cera. A guardar bene in quei volti scavati dal sole e dalla fatica, un occhio esperto avrebbe notato i segni di una prostrazione fisica già in corso. Da almeno due mesi, una brutta tosse falcidiava metà dei migranti che abitavano nella ex fabbrica Darelli, glorioso simbolo della rinascita industriale negli anni della Ripresa, ora ridotto a bivacco per disperati.
Troppo vecchio per essere affittato, troppo nuovo per essere trasformato in uno di quei monumenti di archeologia industriale tanto cari all'intellighenzia radical chic, l'edificio era stato da tempo abbandonato dai vecchi proprietari. Che poi, anche volendo, di intellighenzia radical chic non è che ce ne fosse molta, lì a Spituzza di Sarno. Così, pian pianino, dopo le scorribande dei teppisti che ne avevano sfasciato i vetri, dopo gli uggiolii dei cani randagi che si erano accoppiati all'ombra delle presse, dopo le incursioni dei ratti che avevano rosicchiato e defecato ovunque ne fosse valsa la pena, anche gli uomini venuti dall'altra parte del mare avevano iniziato a prendere possesso di quel che rimaneva della struttura. Armati di speranza, lamiere e teli di plastica avevano in poco tempo riadattato la fabbrica alle sopravvenute esigenze di dormitorio. Radio Bracciante aveva sparso la voce di campo in campo e dai trenta che erano, gli abitanti del rifugio erano divenuti centoquaranta, con tutto il casino annesso e connesso, litigi, urla, risate e scuregge.
Anche Samir vive lì. Anche Samir senza acqua, nè cessi, nè luce. Ma in fondo neanche gli importa. Lo avevano scelto. Per le seguenti dieci ore sarebbe stato nel campo. Avrebbe guadagnato la sua prima paga in valuta straniera. Due fogli rosa da dieci tutti per sè, un foglio verde da cinque da dare al suo "caposquadra". Respirò a fondo l'odore del mare mischiato con il profumo degli agrumi e ringraziò Allah per la sua misericordia. Poi la voce del padrone gridò gli ordini. Ognuno di loro, cassetta alla mano, iniziò la giornata. Un' arancia,  poi un'altra, attenti a non spezzare i rami. I più esperti intenti a misurare i gesti per conservare le energie in vista del pomeriggio. Samir immaginò lo sguardo fiero di sua madre, gli occhi scuri rigati di lacrime e orgoglio per quel figlio avventuriero diretto in terra lontana. Le avrebbe mandato i soldi per comprare zanzariere e medicine, per cambiare il destino dei suoi fratelli più piccoli. Nessuno sarebbe rimasto deluso. Si tirò su le maniche sdrucite della maglia fina e cominciò a raccogliere. Le vesciche in agguato sotto i palmi scuri delle mani.

Le arance sono il frutto del sole, le arance sono benedette dalla terra e dal mare. Questa è una storia di fantasia, ma poi mica tanto. Da qualche parte nelle nostre campagne c'è un Samir appena arrivato pronto a spaccarsi la schiena per due lire. Faticose, ma oneste. Come la terra. Come il sudore. A lui, e a chi come lui italiano o straniero è alla ricerca di un lavoro, qualunque esso sia, va il mio pensiero. Che possa trovare ciò che sta cercando.

- Amò ma che di nuovo?!?, è un blog di cucina mica il muro del pianto.. Manco Report me la fa prende' così a male!-
- Ma no scusa è una storia bella questa.. alla fine lui c'ha uno scopo, un obiettivo per cui vale la pena vivere, una speranza da inseguire -
- Amò te dico solo che PollyAnna, Candy Candy e l'ape Maya insieme facevano meno tristezza.. Te la giochi col libro Cuore e co' Incompreso -

Non sono d'accordo con il mio Emo, questo è un racconto di speranza! Ecco.  

Comunque, dispute letterarie a parte, la ricetta di oggi mi piace un sacco perchè è colorata e allegra, con uno dei miei ortaggi invernali preferiti, il broccolo romano (quello a forma piramidale, con le cimette verdi e compatte). E non potevano mancare le arance e le olive, che danno quel tocco agrodolce rendendo il tutto molto ma molto più interessante.

Ingredienti:
un broccolo romano intero (è fresco quando le cime sono compatte e verde brillante)
due arance
una quindicina di olive nere di gaeta
3 filetti di acciughe sott'olio
olio sale e pepe q.b.


Togliete le foglie alla base del broccolo e con un coltello separate le cimette dal gambo. Lavatele e mettetele a cuocere nella vaporiera. Nel frattempo tagliate la buccia delle arance. Spellatele al vivo infilando la lama del coltello nella pellicina per prelevare solo la polpa.


Mettete in una ciotola gli spicchi che avete ricavato. Aggiungete le olive nere denocciolate (schiacciate con un batticarne o con le dita). Condite con l'olio il sale e il pepe. Se vi piace, aggiungete il succo di mezza arancia. Sciacquate le acciughe e fatele a piccoli pezzetti. Unitele alle arance. Quando il broccolo è cotto (circa dieci minuti) stemperatelo in acqua ghiacciata, in modo che conservi un colore brillante e resti croccante. Unite le cime del broccolo al resto e mescolate. Se serve, aggiungete un altro poco d'olio.

sabato 15 ottobre 2011

Guerrilla food

Cari amici dei fornelli, oggi niente storie e niente ricette. Quello che resta di questa giornata è solo molto fumo. Un fumo acre e nero, che irrita la gola e brucia di rabbia lo stomaco. La vostra Claudia, invece di restare in cucina, è andata al corteo degli Indignados per fare due foto, due chiacchere e magari vendere un paio di panini con la frittata.



Avevo un cartello bellino bellino, uno slogan accattivante e un sacco di voglia di sfilare con i tanti, tanti, davvero tanti manifestanti per le vie della mia meravigliosa città. Volevo gridare ed esserci, perchè quello di oggi era un corteo giusto, in difesa di un'intera generazione, la nostra, che non vuole più pagare le scelte e l'incompetenza di una classe politica sciatta e distratta, che pensa solo a se stessa. La crisi la paghi chi l'ha provocata. I banchieri. I finanzieri. Gli evasori. E questo è quanto.
Purtroppo però, 500 deficienti vestiti di nero me l'hanno impedito. 500 teppisti, che facevano, probabilmente, le prove generali del derby di domani, hanno impedito a 500.000 persone di arrivare in piazza S. Giovanni. La vera vittima della violenza di oggi è il corteo stesso. E le ragioni di coloro che manifestavano. Domani sarà il giorno delle polemiche: polizia, politici, personalità più o meno note, già si accalcano ai microfoni dei giornalisti per dire la loro ovvietà. Ma oggi, oggi c'è solo il fumo e l'odore della plastica che brucia. VERGOGNA.

domenica 9 ottobre 2011

"I" Gnocchi superspeciali di Nenina

Quel sabato a mezzogiorno la Piana di Campo Loionio era inondata da un fiume di luce. Il sole dipingeva di rosso i pomodori e i peperoni coltivati nei campi, con la gelida indolenza di chi non prova mai fretta, ubbidiente solo al costante richiamo delle stagioni. Maria fissava l'aia antistante la sua casa, una vecchia stanberga di pietra e fango, una miseria costata lacrime sudore e sangue ai suoi compianti bisnonni. Nessun rumore proveniva più dalla vecchia porcilaia, nessuna scrofa grufolava di piacere nel fango. Neanche una gallina a becchettare qua e là. L'ultimo maiale rimasto era stato scannato il giorno prima, il suo prezioso sangue raccolto, la carne preparata per essere cotta, la carcassa donata ai corvi e ai cani. Nell'aria satura di un soffocante silenzio, il borbottio delle patate messe a bollire le diede un po' di conforto. Scosse la testa e rientrò in casa, scacciando così le mosche e i cattivi pensieri. Oggi sarebbe stato un giorno di festa. Oggi non avrebbe pianto, non avrebbe ceduto all'ansia e alla paura. Oggi era il giorno degli abbracci e degli arrivederci, dei saluti e delle raccomandazioni. Parenti e amici si sarebbero radunati per allietare la loro partenza.
Lontano. Ecco dove sarebbero andati. In una città vera con i treni e le luci, le macchine e i teatri. Lontana nello spazio e distante nel cuore. Eppure questa lontananza era anche un po' speranza. Un miscuglio di sensazioni, panico e desiderio, le pulsava nello stomaco. Ma lei e Nicola erano alla ricerca di uno scampolo di futuro tutto per loro, del loro personale gnomo della felicità nascosto sotto un cespuglio padano, che ben presto sarebbe saltato fuori, facendogli le capriole tutt'intorno. E questo era abbastanza. 
Le patate erano pronte. La fontana di farina troneggiava al centro del tavolo. Con gesti decisi e fluidi iniziò ad impastare. Il sugo bolliva già da ore, rilasciando nell'aria un profumo intenso di grasso e di piacere. Abile e precisa, Maria preparava gli gnocchi. Non ricordava quando avesse imparato. Movimenti innati, come ridere o camminare, ripetuti sempre uguali nel tempo oggi come ieri, lei come sua madre, sua madre come sua nonna e così via, sino a risalire la corrente del tempo. Si scoprì a sorridere. Neanche il più grigio dei giorni le avrebbe portato via tutto questo, il suo intimo legame con i luoghi dove era cresciuta non sarebbe scomparso nella nebbia. Il ricordo era ormai appuntato sul cuore, un gagliardetto cucito stretto sull'anima. E quando la malinconia dei giorni bui e tristi l'avrebbe assalita, questo talismano fatto di gioia e memoria sarebbe stato scudo e scoglio.
Gli ospiti stavano già arrivando con il loro carico di vino e allegria. Ballando e cantando, mangiando e bevendo, quel vociare festoso avrebbe spazzato via le sue ultime angosce. Il cuore era già più leggero. La sua vita piroettava veloce verso un'avventura piena di scoperte e meraviglie.

-Amò ho scritto l'ultimo post, che ne pensi??-
-Ammazza amò, quanto pathos. M'ero quasi dimenticato che stavamo a parlà de'n piatto de gnocchi..!-
- Troppo pathos dici?-
- Eh sì daje. 'Na pesantezza. Un po' più de brio... Gli gnocchi nun saranno 'n piatto leggero però qua s'esaggera..!!! -
-Ecco, abbiamo trasmesso la critica letteraria della domenica sera...! Però me sa che c'hai raggione...-


Chiedo davvero venia per l'eccesso di pathos. Questa è una ricetta tradizionale della famiglia della dolce Nenina che ce l'ha amorevolmente preparato. Ma questo è anche un post speciale, dedicato ad una persona in particolare. Affinchè quando sarà lontana, nei giorni bui e tristi, abbia sempre la forza di cercare il suo personale gnomo della felicità. In bocca al lupo :-)

Ingredienti per gli gnocchi (6 persone):
1,5 kg di patate (meglio se un po' vecchie)
750 g di farina
una presa di sale fino

Ingredienti per il sugo:
1,2 kg. di spuntature (costine) di maiale
3 bottiglie di passata di pomodoro
3/4 spicchi d'aglio
olio sale e pepe q.b.

Iniziate a preparare il sugo che deve cuocere a lungo.
In una pentola capiente mettete a rosolare a fiamma media/alta gli spicchi d'aglio spellati con un po' d'olio. Una volta soffritti, aggiungete le spuntature e lasciatele andare fino a che non avranno preso un bel colore.


Salatele e pepatele. Aggiungete la passata e allungatela con un paio di tazze d'acqua. Coprite e abbassate la fiamma. Lasciate il coperchio fino a che la salsa non comincerà a bollire. A quel punto scoperchiate la pentola e proseguite la cottura per circa due/tre ore (è importante che cuocia molto e a lungo, altrimenti le spuntature restano dure ammazzate!).



Nel frattempo fate cuocere le patate. Mettetele in una pentola con acqua fredda e lasciatele stare per una quarantina di minuti (dipende dalla dimensione media delle patate. In ogni caso, sono pronte quando la forchetta entra comodamente). Su un tavolo pulito preparate la fontana di farina. Spellate le patate ancora calde (Sì, lo so. Bruciano. Ma se non sono bollenti gli gnocchi non vengono...), passatele con lo schiacciapatate, aggiungete il sale e impastate il composto con movimenti decisi fino a che non sarà ben amalgamato. Alla fine, sarà un unico pezzo di "gnoccone" bello compatto. A questo punto spero che i vostri amici siano arrivati e vi diano una mano nella fase "manuale"... Staccate dallo gnoccone dei pezzi di pasta e con le mani formate tanti tubicini. Con un coltello tagliateli a tocchetti uniformi. Se ne avete voglia, fateli scivolare uno per uno sui rostri di una forchetta, così da creare delle scanalature che trattengano più sugo.

Avete fatto i vostri primi gnocchi superspeciali di Nenina! Mettete a bollire l'acqua e una volta pronta, salatela. Scuotete la farina in eccesso dagli gnocchi e versateli nella pentola (attenti che schizzano!). Quando vengono su, aspettate ancora un paio di minuti e levateli dall'acqua con la schiumarola. Conditeli col sugo.
Gnam.

venerdì 7 ottobre 2011

Insalata di farro con zucchine, primo sale e pesto al basilico

"Nella radura il suono della pioggia riecheggiava nella notte. Nella capanna, il cacciatore dormiva, rannicchiato nella pelle di orso da poco conciata. Fuori, solo il buio e il freddo, nessun movimento turbava il riposo dell'uomo.
Accanto a lui, la sua donna giaceva ad occhi aperti. Pensava al lavoro del giorno dopo, al fuoco da custodire, ai bambini da sfamare, alla legna da accantonare. E poi c'erano quegli strani semi, da cui crescevano rigogliose alcune spighe al margine esterno del villaggio. La donna era curiosa. La donna era affamata. Erano giorni che il cibo scarseggiava e con l'avvento dell'inverno le cose sarebbero solo peggiorate: le lepri cominciavano a rintanarsi nelle loro tane sotterranee, le orecchie ben al riparo dai morsi del gelo. I cervi avrebbero svernato molto più a sud, in fuga dal ghiaccio e dal vento che avrebbe spazzato per mesi i rami ormai spogli dei boschi.
I semi. Le spighe. La donna raccolse una pelle di daino e si cinse le spalle. Senza svegliare il suo compagno uscì nella notte, i raggi della luna danzavano con le gocce di pioggia sulle sue gambe nude. In fretta raggiunse il punto dove aveva visto crescere quella pianta selvatica. La trovò esattamente dove la ricordava e al buio ne raccolse le cime, da ciascuna delle quali un tenace chicco faceva capolino. Se ne riempi le mani. Il cielo cominciava a schiarire e i primi suoni del mattino iniziavano ad infrangere la quiete notturna. La donna aspettò che la luce si affacciasse sulla valle. Salutò con un bacio il cacciatore e la sua lancia che assieme partivano per la consueta battuta di caccia. Poi si sedette sulla soglia della capanna. Con cura separò i chicchi di farro dalla parte dura della spiga. Ne mise in bocca uno e lo succhiò. Sorrise. Avrebbe sconfitto l'inverno."

Ultima ricetta estiva in questo inizio di ottobre con un ingrediente spesso sottovalutato: il farro, cereale di antica data (pare se ne riscontri l'uso sin dal 5000 a.C.), si presta ad essere protagonista di piatti unici freschi, gustosi e originali, sostituendo il riso sia nelle insalate che nelle zuppe.
Ci tengo particolarmente a ringraziare le donne-raccoglitrici dell'era neolitica per avercelo fatto conoscere!

Ingredienti per 4 persone:

350g di farro
8 zucchine romanesche piccine
150g di primo sale (io l'ho sostituito con la feta)
3 o 4 foglie di limone
200g di basilico fresco
80g di parmigiano
80g di pinoli
olio e.v.o.
sale grosso

Sciacquate ripetutamente il farro sotto l'acqua. Riempite un pentolone d'acqua fredda e versateci il farro. Cuocete scoperto fino ad ebollizione. A quel punto abbassate il fuoco, coprite con un coperchio e lasciate cuocere per altri 25 minuti circa (assaggiate un chicco, è pronto quando è morbido). Salate solo a cottura quasi ultimata. Scolate il farro.


In una pentola mettete dell'acqua fino a sfiorare il cestello della vaporiera. Coprite il cestello con le foglie di limone. Lavate e riducete a tocchetti le zucchine.  Fatele cuocere al vapore per non più di 10 minuti. Nel frattempo riducete il primo sale (o la feta) a dadini.


Preparate in un mortaio il pesto, agiungendo il basilico, i pinoli, il parmigiano, l'olio e il sale grosso (oppure, solo per questa volta, compratene un barattolo già pronto ;-)). Allungatelo con un pochino d'acqua. In una ciotola capiente raccogliete il farro cotto, le zucchine, il primo sale e il pesto allungato con l'acqua. Girate il tutto e servitelo ai vostri cacciatori..!!

:-)


martedì 4 ottobre 2011

Polpettone blues

Sera, finalmente a casa. Lei non c'è. Strano. Ancora non è tornata dal lavoro, pensa, eppure  il profumo di cucinato permea la stanza .
La tovaglia pulita, la tv accesa. Lo spot della famiglia felice. Anche lui è come loro, anche per lui qualcuno cucina con amore.

Si versa da bere. E mentre il chianti gli solletica le narici e gli bagna le labbra, lo vede. Un biglietto lasciato a scaldarsi vicino ai fornelli. Non cerca nemmeno gli occhiali, lo legge così, tenendolo a distanza "Non ho avuto il coraggio di guardarti negli occhi."  Un brivido di ghiaccio gli percorre la schiena. Il sudore improvviso sulle mani.  "Ho preso una decisione. Qualche mese fa ho conosciuto una persona, una persona che mi ha fatto vedere quanto questa mia vita mi stia stretta, che mi ha reso consapevole del mio potenziale, un artista, un visionario, un avventuriero che surfa sulle onde dell'esistenza. Parto con lui. Ti lascio. La cena è nel forno. Perdonami se puoi."

Senza smettere di guardare la calligrafia di lei, ancora familiare eppure irrimediabilmente lontana, apre automaticamente lo sportello nero del forno. il calore lo investe, lei è andata via da poco. Il polpettone invece no, il polpettone è lì. Lo aspetta.

Questa è l'amara storia yeah
del polpettone solitario.
è un lamento yeahh
che arriva fino in Ontario.

La tua bella se n'è andata
un altro l'ha arpionata,
tu non l'hai neanche salutata.

Questa è la triste storia yeah,
del polpettone solitario.

Quando lo hai scoperchiato,
hai capito, sì, ti aveva mollato.
Un tiepido polpettone, 
ecco ciò che resta del tuo amore. 

Ingredienti:

500g di carne macinata
200g di mortadella in un'unica fetta
3 fette di pane casareccio
un uovo
latte
100g di parmigiano
noce moscata
pangrattato
2 o 3 fiocchetti di burro

In una capiente scodella mettete la carne macinata. Con il mixer tritate la mortadella e aggiungetela alla carne. Tritate anche le fette di pane che avete precedentemente bagnato nel latte e strizzato.


Aggiungete il pane, l'uovo, il sale, il parmigiano e la noce moscata al composto e mescolate il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo. 


Imburrate uno stampo da plum cake e mettete una metà dell'impasto. A questo punto, se volete, potete creare un "cuore" centrale di ricotta e spinaci. Altrimenti aggiungete la seconda parte del composto. Livellate la carne e cospragetela di pangrattato. Deponete qua e là i fiocchetti di burro. Infornate a 180 °C per una quarantina di minuti (controllate che ogni forno è diverso!!!) e cercate di non mollare il vostro compagno (oppure invece sì. E allora spero di avervi ispirato!!!!)


Un abbraccio dalla cucina :-)